Fotoromanzi – Il classico senza classicismo. Una rubrica di Alberto Beltrame
Vi dice qualcosa quel tizio a cui (non) ammazzano la moglie nell’ultimo film di Tarantino? Quello a cui, soprattutto in Francia, hanno fatto di tutto per non far uscire nelle sale il suo J’accuse? Si, quello che ogni anno viene fuori una storia di molestie sessuali manco fosse Berlusconi. Ecco, questo magari sarebbe pure uno dei cineasti più innovativi della seconda metà del Novecento, e come tale non poteva non aver contribuito al videoclip nostrano. Questo almeno quello che pensava Vasco Rossi.
Nell’attesa di sapere se il suo ultimo film uscirà nelle sale o se verrà boicottato, se verrà arrestato o se continuerà a fare cinema, possiamo ricordare che qualche anno fa chiamarono al telefono del signor Roman Polanski e, sorpreso, scoprì che dall’altra parte del filo c’era il signor Rossi Vasco. Nome, crediamo, sconosciuto per il grande regista polacco che però conosceva e apprezzava di certo quello che aveva da proporre: un sacco di soldi. E sì, un altro mondo, quando un cantante italiano aveva un budget esorbitante per fare un videoclip e poteva chiamare un regista cosi importante.
Ci piace immaginare, ovviamente, lo studio di Polanski sulla videografia di Vasco Rossi, dalla successione delle giacche di pelle del nostro a quel carattere d’attore leggermente perfezionabile. Ci piace immaginarlo studiando i testi della sue canzoni e non capendo nulla delle referenze culturali o dei giochi di parole messi in atto. Eppure, Polanski accetta questa avventura che, ad oggi almeno, rappresenta il solo lavoro del regista nell’ambito del videoclip, cosa che rende la faccenda ancora più interessante.
Si può dire di tutto su Vasco Rossi tranne che non abbia sempre avuto un gran interesse per il mondo dei videoclip. Soprattutto negli anni ’90, ha investito nei videoclip come pochi altri hanno saputo fare in Italia. Ha saputo giocare con la sua immagine, modificandola nei particolari senza snaturarsi mai da icona rock. Probabilmente anche per questo non ha voluto rinunciare nemmeno in questo video alla sua giacca di pelle, malgrado sia ambientato nello spazio.
Il videoclip è così raccontabile: Vasco passa il suo tempo in orbita attorno alla Terra e intorno a lui volano tra le altre cose lavatrici, aspirapolveri e sigarette, otre che i suoi occhiali da Sole… A “salvarlo” arriva un angelo sotto le sembianze di una donna nuda e incinta che attira Vasco a sé. Una volta baciata, la donna spinge Vasco sulla Terra, abbandonando quella tranquilla e serena esistenza orbitale per ripiombare nella frenesia del mondo umano, tra natura e grattaceli, per dissolversi poi in luce, in una danza di colori e psichedelica follia. In breve: quello che Kubrick avrebbe voluto fare sulle note dei Pink Floyd, Polanski lo fa sulle note del cantautore di Zocca.
Il ritmo morbido e dolce della canzone, che nel finale si trasforma in una danza assordante e magnetica di chitarra, sembra essere letto perfettamente dalle immagini. La musica di Vasco sembra davvero come brillare ed elevarsi in maniera trascendentale. Questa cavalcata eccentrica nella Terra, vista come uno strano equilibrio di montagne, acque e artifici umani, si tramuta in pura luce, nella pura essenza del caos che tutto ingloba e che contrasta in maniera così netta alla rilassante atmosfera al di fuori. Il testo della canzone vive proprio attraverso le immagine stesse, che ne modificano il senso e lo riempiono di poesia figurativa, sfuggente e allo stesso tempo molto concreta. Vasco Rossi vive in bilico fumando le sue Lucky Strike, in attesa di qualcosa che lo possa salvare: un angelo polacco venuto dallo spazio per celebrarlo. E per i suoi soldi. Tanti soldi.