Sapevamo che Pedro Martin Calero sarebbe sbarcato prima o poi nella videomusica mainstream: i suoi lavori per le Hinds o anche il folgorante Territoire avevano affermato il suo talento, portandolo a farsi conoscere in tutto il mondo e facendolo firmare per case di produzione quali Colonel Blimp e Canada. Ma che cominciasse da una commissione da The Weeknd e con un brano di Starboy, invece ci sorprende. Quest’ultimo album ha già infatti espresso diversi promo, le cui vibes (per quanto eterogenee) ci sembrano lontanissime dagli stilemi di Calero.
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Se è pur vero che pure Secrets si distacca dalle altre sonorità dell’album, il connubio regista-star non ci appare perfettamente riuscito. Perché? Innanzitutto, la netta sensazione di vedere Abel Tesfaye fuori ruolo. Calero del resto non cerca alcun compromesso, non rinunciando affatto al suo stile. Anzi, riparte da dove aveva finito, riproducendo gli stessi movimenti di macchina di Warts in spazi architettonici ancora una volta postmoderni e/o brutalisti, pronti ad essere digitalmente elaborati come nel gran finale di questo promo.
Da una parte c’è una girl band indie e dall’attitutine punk, dall’altra una giovane star ormai nell’olimpo della discografia in termini di popolarità e vendite. Mercati e generi diversi e viene quasi naturale, forse ovvio?, aspettarsi un’estetica diversa. Ma a Calero questo discorso sembra non interessare affatto, preferendo proseguire il suo percorso autoriale. Scelta, beninteso, da ritenersi interessante, corraggiosa e assolutamente legittima.
Pur tuttavia, Secrets manca di quell’aspetto, come dire, ossessivo della ricerca formale con cui Calero cerca di sincronizzare lo score visivo. Sì, alcuni passaggi continuano a mostrarci la bravura di Calero nel trovare corrispettivi visivi puramente cinematografici (si vedano i diversi zoom out o la velocissima panoramica, probabilmente ripetuta digitalmente, a 2:23), ma senza quell’amalgama che avevamo ammirato nei lavori precedenti.
La parte performance, ad esempio, con The Weeknd incastonato in un gioco di specchi: trovata classica e sempre elegante, ma la cui integrazione con il resto del video appare meno riuscita. O ancora il triangolo amoroso un po’ affettato, da fashion film nel senso dispregiativo dell’espressione.
In sintesi, il risultato finale non ci convince appieno. Da un lato la sensazione è che il peso della commissione abbia giocato un ruolo non indifferente nella libertà creativa del regista, qui non sui livelli cui ci aveva abituato forse anche perché costretto ad alcune modifiche. Dall’altro la semplice constatazione che un regista dall’estetica forte e immediatamente riconoscibile non sempre si adatta all’immagine di una grande star, anzi. Il mainstream si conferma un campo minato, specie quando si decide di andare oltre il video performance.
Hinds – Warts, regia di Pedro Martin Calero