Nick Egan è un artista poliedrico che ha lavorato nel campo della grafica e della regia di video musicali, firmando copertine storiche, come quella per White Man in Hammersmith Palais dei Clash, o videoclip come Go Let it Out e Supersonic degli Oasis, Ordinary World dei Duran Duran. In questa intervista, racconta gli inizi della sua carriera, le influenze e il rapporto con la tecnologia, legando tanti episodi personali.
Creatività, eredità, attualità. Mi piacerebbe attraversare con te questi termini attraverso una serie di domande. Il periodo 1976-1981 è stato estremamente interessante dal punto di vista della creatività, espressa in tutte le sue forme. Pensando alla grafica, alla musica, alla moda, c’è stato un periodo anche vagamente paragonabile?
Oh si, penso che dalla nascita del Rock’n’Roll, nel 1956, ogni decade ha avuto i suoi aspetti innovativi. Gli anni Cinquanta con Elvis, Jerry Lee Lewis e altri, il ciuffo, le giacche drappeggiate, le gonne a ruota, i Teddy Boys, le moto e anche le copertine dei primi dischi di Elvis e soprattutto in questa decade si formò l’idea stessa di teenager.
Poi naturalmente gli anni Sessanta con la British Invasion, il periodo psichedelico, i Beatles, i Beach Boys, i Rolling Stones, i Pink Floyd e tanti altri; la copertina di Sgt Pepper di Peter Blake; David Hockney, Roy Liechtenstein; la Swinging London, Carnaby Street; l’invenzione della minigonna da parte di Mary Quant, il negozio Biba, Woodstock. I diritti civili, la Nouvelle Vague francese. Non per altro gli anni Sessanta sono ancora il decennio più importante per queste cose.
Negli anni Settanta, i Led Zeppelin, la copertina di Andy Warhol per Sticky Fingers, i Velvet Underground, i Roxy Music, David Bowie, l’androginia e la copertina di Aladdin Sane; Antony Price, il negozio Sex/Seditionaries (di Malcom McLaren e Vivienne Westwood), il Punk Rock; il DIY e le fanzine.
Gli anni Ottanta con i New Romantics, la musica elettronica, i Duran Duran, le Bananarama, i Culture Club, gli U2, gli INXS, l’hip hop, i NWA, i Public Enemy; Keith Haring; Michael Jacson, Madonna; Betsy Johnson, Marc Jacobs, Fiorucci; MTV. Gli anni Novanta e l’Acid House, i rave, la musica dance elettronica; la musica grunge, i Nirvana, gli Oasis, i Sonic Youth e i Dee Lite.
Poi, a mio parere, gli anni Duemila non hanno creato granché, piuttosto hanno ripreso stili precedenti.
Molti artisti che hanno vissuto quel periodo raccontano di aver contemporaneamente intrapreso più di una strada creativa, provando a metter su una band ma allo stesso tempo facendo grafica, fotografia o recitando. Hai mai fatto parte di una band? E se non avessi fatto questo lavoro, cosa avresti fatto?
Ero in una band che si chiamava The Tea Set. Avevamo avuto un buon successo: quattro singoli, un album, tournee con gli Stranglers e gli Skids ed eravamo stati supporting act di Iggy Pop, U2, XTC e Clash. L’anno scorso è uscita una raccolta dei nostri singoli su etichetta Cleopatra Records.
A 16 anni, quando lasciai la scuola, trovai un lavoro come stampatore. A scuola venivano a incontrarci dei funzionari addetti alla carriera, ci davano dei questionari da riempire, poi questi venivano analizzati da un computer e una/due settimane dopo ci arrivavano via posta i risultati di quali lavori sarebbero stati più adatti a ciascuno di noi; così trovai questo lavoro come stampatore per un giornale locale. Non sapevo fare di meglio. Non mi ci volle molto tempo per capire che odiavo quel lavoro, così decisi che avevo bisogno di scoprire in che cosa ero bravo. L’unica cosa che conoscevo bene, e anche l’unica materia in cui eccellevo a scuola, era Arte.
Decisi quindi di iscrivermi in una scuola d’arte, sebbene allora nessuno fosse in grado di trovare un lavoro in quel campo; scelsi però di studiare graphic design invece di belle arti, su consiglio di mia madre che diceva che almeno avrei potuto trovare un lavoro come grafico. Ma odiavo la grafica, era troppo matematica, soprattutto la composizione e la sistemazione di spaziatura e guide.
Fortunatamente il movimento punk rock arrivò proprio in quel momento, e con esso una nuova tendenza grafica che non si preoccupava di tutti gli aspetti tecnici. Non c’erano regole, potevi fotocopiare, usare lettere ritagliate o disegnate a mano, attaccare cose con il nastro adesivo. Era perfetto per me, inoltre era molto più vicino alle belle arti e al movimento Dada che al design.
Mentre ero ancora alla scuola d’arte, cominciai a disegnare copertine per singoli e album; da lì, fui coinvolto nel campo della moda come direttore artistico di Vivienne Westwood prima e Marc Jacobs poi.
Nel frattempo, nel 1983 mi trasferii da Londra a New York, lanciai una mia linea di t-shirts e diressi video musicali, trasferendomi successivamente a Sidney per un anno e poi a Los Angeles nel 1987. Sono quindi riuscito ad avere successo in più di un lavoro. Ripensandoci, ho corso un enorme rischio lasciando quel mio lavoro da stampatore (che ho fatto per meno di un anno) e andando alla cieca verso qualcosa in cui non sembrava neanche possibile poter pensare di avere una carriera.
Se penso al tuo lavoro (grafica, video), mi viene in mente uno stile graffiato, una estetica colta ma usata come un’arma. Guardando al tuo portfolio con sguardo estraneo, come lo descriveresti?
Unico, per il fatto che uso una tecnica mista, sia nel design che nel video.
Ricordi il momento in cui hai pensato con interesse al video musicale? C’era stato un video in particolare a colpirti positivamente o negativamente?
Sono stato in questo campo sin dal primo giorno di vita di MTV, quindi posso dirti che non c’era molto all’inizio. Ho lavorato al video dei Bow Wow Wow I Want Candy che era forse il 1981. L’unico video che in quel momento mi veniva in mente era uno dei B52’s ma, onestamente, non prendevo i video musicali in grande considerazione. Pensavo che fossero niente se paragonati alla copertina di un album.
Quale video, di qualsiasi periodo, ti ha fatto pensare: “vorrei averlo fatto io”?
Smells Like Teen Spirit dei Nirvana.
Cosa, nella realizzazione di un video, ti guida prima di tutto? La musica? Il testo? Il rapporto instaurato con l’artista?
Una combinazione delle tre cose.
Esiste ancora, oggi, qualcosa dell’eredità punk?
Bella domanda, direi di si, chiunque sia nel settore per l’amore della musica e non per il successo ha un’etica punk, così come chiunque abbia un punto di vista senza aver paura di esprimerlo.
Molti musicisti evitano di prendere posizioni politiche per evitare di scontentare una parte dei loro fan (o clienti, se lo si considera come “mercato musicale” al pari degli altri), altri invece non possono fare a meno di esprimere le loro idee. Tu come la vedi? Hai mai avuto problemi con messaggi o citazioni (tanti) usati nei video che hanno scontentato gli artisti con cui lavoravi?
Mi piace dare un messaggio al mio lavoro, un significato anche non necessariamente politico, a meno che la band stessa sia politicizzata. Per esempio, per il video Live Forever degli Oasis volevo omaggiare i grandi artisti morti troppo presto, come Kurt Cobain, Sid Vicious, Brian Jones, Jimi Hendrix, dato che di fatto loro ‘live forever’ (vivono per sempre).
Tra i miei video, uno dei miei preferiti è quello per un gruppo chiamato ManBREAK’s e per la canzone Ready or Not: volevo mostrare la ribellione giovanile che faceva parte della scena rave illegale, così preparai quella che sembra essere una piccola sommossa in strada, una rivoluzione culturale in atto.
Youth Against Fascism era una presa di posizione antifascista, anche in questo caso concentrata sull’idea di gioventù dissociata. Penso che gli artisti dovrebbero fare dichiarazioni/prendere posizione, come Banksy ad esempio, perché se necessario, puoi mascherare il messaggio con elementi visivi e slogan. La mia più grande ispirazione è venuta dai situazionisti, per lo più studenti d’arte, che protestarono per le strade di Parigi nel 1968 con slogan del tipo “Sotto le pietre del selciato c’è la spiaggia” e “Sii ragionevole, chiedi l’impossibile”. Hanno avuto una grande influenza sulla grafica punk, in particolare su Jamie Reid che disegnò tutti gli artwork dei Sex Pistols.
Gli artisti tendono a far riflettere il mondo nella loro arte, guarda ad esempio Guernica di Picasso, un capolavoro che venne da un artista che aveva già creato tanti altri capolavori.
Mi verrebbe quasi da dire che, quando ti diverti a realizzare un video, si vede proprio dalla grande quantità di riferimenti che fai…
Si, ho vari riferimenti e influenze. Registi: Nicolas Roeg (Sadismo, 1970; L’uomo che cadde sulla Terra, 1976); Michelangelo Antonioni (Blow-Up, 1966; Zabriskie Point, 1970); Stanley Kubrick (Arancia Meccanica, 1971; 2001: Odissea nello Spazio, 1968; Shining, 1980); tutti i film di Federico Fellini; Orson Welles (F come Falso, 1973). Movimenti come l’Internazionale Situazionista di Guy Debord e il Dadaismo. Artisti: Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Jean-Michel Basquiat, Pablo Picasso.
Fotografi: Irving Penn e Nick Knight. E infine il mio grande amico e mentore, Malcom McLaren.
Sono sicuro che avrai notato che due delle mie influenze più grandi sono italiane. Ironicamente, Blow-Up è il miglior film sulla Londra degli anni Sessanta; Antonioni ha catturato l’essenza di Londra e della sua gente, e penso sia fantastico che sia stato un italiano a capire tutto questo. Il video Who Feels Love degli Oasis omaggia Antonioni attraverso le scene in cui esplodono varie attrezzature.
E cosa posso dire di Fellini, lui è il Maestro, un vero genio. Sono stato tanto fortunato da conoscerlo a New York, negli anni Ottanta. C’era una festa in suo onore in un locale, Area, nell’ambito di una serie di celebrazioni fatte presso il Lincoln Centre. Il video Ordinary World dei Duran Duran è ispirato a Giulietta degli Spiriti (1965); guardando il film, si capisce da dove è venuta l’ispirazione della figura della sposa.
Se devo fare una mia personale selezione tra i tuoi video, sicuramente metterei Supersonic degli Oasis, White Lines dei Duran Duran e Youth Against Fascism dei Sonic Youth. Che ne pensi di questa scelta?
Eccellente, aggiungerei anche il video di Pressure Off (2015) dei Duran Duran.
Se uno dei tuoi figli volesse fare il tuo lavoro, che consiglio daresti?
Mia figlia sta già seguendo i miei passi. È una artista multimediale. Mentre era ancora alle scuole medie, ha girato, diretto e montato da sola un video; ha fatto la seconda camera per me, la direzione artistica di due dei miei video, le riprese stunt in un altro; abbiamo collaborato per una mostra intitolata Exquisite Corpses. Inoltre ha curato il design di interni per la sua camera, senza aiuto e tutto prima dei 14 anni. Non vuole consigli.
Che musica ascolti oggi? E, quando ascolti musica, ti diventa inevitabile “riempirla” mentalmente con le immagini?
Mi piace una band di Los Angeles che si chiama DWNTWN, il loro ultimo album Racing Time è favoloso. Mi piace anche una band punk/mariachi di Portland che si chiama Roselit Bone e, no, sembra che non riesca a spegnermi se si parla di immagini che mi riempiono la testa.
Parliamo di attualità. Durante il lockdown, molti artisti hanno comunque fatto uscire nuovi brani con video musicali che seguono dei modelli: video realizzati con found footage, video in animazione oppure video autoprodotti con gli smartphone. Ne hai visti? Che ne pensi?
No, non ne ho visti. Ho visto un po’ di musica live, come Miley Cyrus al Saturday Night Live e un paio di altre cose. La tecnologia ha reso molto più semplice fare cose di questo tipo rispetto a quanto accadeva venti anni fa. Ho girato un sacco di cose con il mio iPhone, il che di per sé non è neanche una novità, infatti metà del video di All You Need is Now (2010) dei Duran Duran è stato girato con una Flip Cam che ha anticipato la camera dell’iPhone. So che un paio di film sono stati girati con un telefono e ora, con l’iPhone 11 Pro, si hanno a disposizione tre obiettivi.
Non credo però alle stronzate della Apple che proietta una foto su un palazzo di 30 piani e dice che era stata scattata con l’iPhone. E la pubblicità del modello 11 Pro era falsa perché quella super nitidezza di movimento e della neve può essere ottenuta solo regolando l’angolazione dell’obiettivo; è una tecnica molto usata negli sport d’azione e non ricordo d’aver mai visto una regolazione di questo tipo nelle impostazioni della camera. Detto questo, però, è comunque una camera molto buona e i vari obiettivi danno ancora più possibilità.
Comunque, è stupido pensare che già solo il fatto di avere tutta questa tecnologia a disposizione renda più creativi. Questa è una bugia che viene venduta dalla Apple per far credere ai suoi clienti di poter essere creativi tanto quanto Stanley Kubrick, il che è una barzelletta. Un buon regista e un buon fotografo hanno ancora bisogno di aver un buon occhio, con o senza tecnologia.
Io ho l’iPhone 11 Pro e l’ho usato per fare il time lapse e lo speed ramping per il video di Envy Marshall Fire, un paio di mesi fa. In questo caso, mio figlio Roman era la mia seconda camera, mia figlia Ava ha fatto le riprese esterne e le riprese a seguire dell’auto e l’altro mio figlio Dashiell guidava la macchina a seguire e operava il drone, così è stato praticamente un affare di famiglia in quanto avevo a disposizione un giorno di riprese per fare ciò che avrei potuto fare in tre giorni.
Tra nuove tecnologie di produzione e diffusione, quale pensi sia il futuro del video musicale?
Questa è difficile. Non vedo molta innovazione oggi rispetto a quella che c’era negli anni Novanta con registi come David Fincher, Spike Jonze, Mark Romanek, Jake Scott, etc., che hanno avuto un enorme impatto sull’industria cinematografica. C’era competizione ma in senso positivo. Siamo stati tutti nominati e abbiamo visto dei premi, ma non c’era risentimento quando vinceva un altro, perché eravamo tutti molto diversi.
Penso che la generazione di mia figlia Ava (14 anni) e di mio figlio Dashiell (19 anni) si preoccupa molto meno di stare sui social network di quanto non facciano i Millennials, sono meno interessati al numero di amici che hanno e credono che sia più importante la qualità che la quantità nell’amicizia, non si preoccupano del numero di like ma dell’ambiente e dell’uguaglianza. Si, trascorrono comunque molto tempo sui loro telefoni, ma con la loro ristretta cerchia di amici; tra 10-15 anni sarà una generazione davvero innovatrice, con progressi radicali in tutti gli ambiti, non solo quello creativo.
Cosa ci dobbiamo aspettare da te nel futuro prossimo?
Non posso saperlo. La vita mi sorprende sempre. Sono fortunato perché faccio tante cose diverse. Ho sempre pensato a me stesso come a un artista più che a un regista o a un grafico. Così capita che un giorno stia girando una pubblicità, il giorno dopo disegnando t-shirts per l’etichetta Le Superbe della mia amica Jeannine (Braden), facendo la direzione artistica della copertina di un album di un’altra amica, Mindi Abair, o disegnando l’etichetta per uno dei vini di suo marito Eric; ancora dipingendo per la copertina di un libro o facendo fotografie per una marca di street wear che si chiama Maison Soyenne. Ho un po’ di cose all’orizzonte, ma preferisco non rivelarle finché non sono certe.
Per finire una curiosità. La homepage del tuo sito “ospita” la voce di HAL come “annuncio di servizio pubblico”. È un messaggio rivolto a qualcuno in particolare?
Ah! È un messaggio alla tecnologia. Non possiamo lasciare che la tecnologia sostituisca la nostra creatività, abbiamo ancora bisogno della nostra umanità per creare capolavori.