Negli ultimi anni, Marco Brancato si è affermato come uno degli illustratori e animatori più brillanti e richiesti della scena indie italiana. Dai lavori per i Món alla stretta collaborazione con Maciste Dischi, l’artista ha impresso il suo indelebile marchio stilistico sull’immaginario del videoclip italiano. Lo abbiamo contatto durante queste giornate di lockdown per conoscerlo un po’ meglio.
Alessio Rosa: Ciao Marco, grazie per la disponibilità a questa intervista. Come va? Come stai passando questo lockdown?
Ciao! Provo a viverla nel migliore dei modi. Seppur con qualche difficoltà cerco di non lamentarmi ed essere ligio al dovere. Aspettavo questa primavera per prendermi una pausa da un periodo di lavoro che mi aveva tenuto chiuso in studio per parecchio. È evidente che non sono stato molto fortunato in questo senso.
AR: Comincerei dalle basi. Come ti sei formato come illustratore e come sei arrivato ai videoclip musicali?
Se consideriamo solo gli studi, il mio è un percorso abbastanza lineare: Accademia di Belle Arti in grafica d’arte più biennio specialistico all’ISIA di Urbino, indirizzo illustrazione. Grazie al Maestro Gianluigi Toccafondo, proprio all’ISIA ho maturato la passione per l’animazione e la sua commistione con la musica. La mia tesi di laurea fu proprio un videoclip musicale, da allora in avanti la mia attitudine al videoclip ha seguito un corso piuttosto naturale, iniziando da subito a consolidare rapporti con artisti come nel caso dei Mòn ed etichette come Maciste Dischi.
AR: Quand’è che invece hai capito di “avercela fatta”, che in pratica questo dell’illustrazione e dell’animazione poteva essere il tuo lavoro?
Ho un rapporto un po’ particolare con queste parole magiche “avercela fatta”. Forse non lo penserò mai e forse lo penso da sempre. Mi spiego meglio rispondendo alla seconda parte della domanda. Che poteva essere il mio lavoro io ci credo e “l’ho capito” forse già tra i banchi di scuola alle superiori, facevo lo scientifico ma ciò che meglio sapevo e volevo fare era già ben chiaro. Credo però di non sbagliare dicendo che la mia generazione non è abituata a relazionarsi con la sicurezza di quelle parole. Personalmente tendo a darmi degli obiettivi per poi, una volta raggiunti, spostarli un po’ più lontano. In pratica l’obiettivo è non sentirsi mai “arrivato”, perché temo che somiglierebbe alla fine.
AR: Con la quarantena come è cambiato il tuo lavoro? Si è bloccato tutto o stai ricevendo ancora più richieste? A livello di videoclip, con le produzioni live action bloccate o comunque assai limitate, l’animazione potrebbe diventare centrale in questi mesi.
La sfera lavorativa è quella che è cambiata meno. Nella mia professione lo “smart working” è la normalità. Proprio per questo diventa ancor più importante la necessità di uno sfogo fuori dalle quattro mura. Mi manca terribilmente vivere Bologna, vedere gente e attingere a tutto ciò che che la città ti offre. Per non parlare dei viaggi. Comunque, il lavoro per ora tiene, le richieste sono parecchie e in un periodo così è davvero una fortuna. L’animazione con le produzioni bloccate può essere centrale è vero, ma dobbiamo sperare e impegnarci affinchè tutto finisca in fretta perchè alla lunga non potrà far altro che danneggiare tutti, è una situazione molto seria.
Angelo Forzatti: Nella fase illustrativa lavori esclusivamente in digitale o c’è ancora dietro tutto un lavoro anche solo di preparazione/bozze in analogico?
Con l’illustrazione può capitare che ci sia una bozza in analogico, ma è comunque raro, specie se è un lavoro con tempistiche strette, cosa ahimé molto comune. Mi diverto a sporcarmi le mani più quando lavoro per me e non ho vincoli di nessun tipo, in quel caso mi dedico all’originale, dal quale poi può scaturire qualsiasi progetto o può più semplicemente rimanere un esercizio. Appena ne ho il tempo sperimento molto, sia su carta che in digitale.
AR: Su che software lavori di solito?
Di tutto di più, a seconda di quello che devo fare. Ad oggi c’è davvero l’imbarazzo della scelta. Utilizzando iPad Pro come tavoletta grafica, oltre ai tradizionali Adobe che tutti conosciamo mi supportano molte altre app di creazione artistica come Procreate, Affinity, Artstudio, CStudio, eccetera. Come montaggio preferisco Final Cut.
AF: Quanto tempo impieghi, in media, per realizzare un’animazione della durata di una canzone media? Partendo ovviamente dalla fase embrionale al montaggio finale.
Eh, a questa domanda non può esserci una risposta ben definita. Ci sono stati lavori realizzati in tempi folli ma specie nell’animato il mio mantra è sempre più tendente al “bello che ha bisogno di tempo”. Certo dipende molto anche dal tipo di video e quanta lavorazione necessita. In media si va da un mese a due mesi, ma è un tempo che può variare.
AF: Nelle clip dove i disegni non seguono i testi del brano (come invece succede ad esempio in Vita Paranoia e Via del Macello), la canzone ti influenza in qualche modo o avevi già in mente la storia che volevi raccontare e la musica è solo il sottofondo adatto? E, più in generale, come funziona il tuo processo creativo?
Quando si lavora a un videoclip per prima cosa ci si confronta con l’artista o con chi ne fa le veci per capire la direzione da prendere. Le ipotesi sono le seguenti e sono più o meno capitate tutte nel corso del mio lavoro: completa carta bianca, in tal caso cerco di farmi influenzare più dalle sonorità, talvolta dal testo; qualche spunto su cui lavorare; intera sceneggiatura precisa su cui ho libertà di modifica; necessità di essere piuttosto didascalici mantenendo comunque una chiave interpretativa. Sono tutti approcci formanti a mio avviso. Penso che ogni progetto abbia le sue necessità ed è importante imparare a gestirle al meglio.
AF: Ti è mai capitato di sviluppare un’idea non tua, ma che magari è partita dall’artista del brano o dall’etichetta?
Sia con i Mòn sia con Maciste (Dischi, ndr) si fa di solito brainstorming insieme e poi cerco di elaborare una proposta che sia frutto di quell’incontro di spunti, l’idea è quindi mia ma inserisco con attenzione le atmosfere e i riferimenti spesso molto chiari che vengono fuori in quel confronto. Altra cosa è accaduta con “Patria” dei Siberia. In quel caso mi è stata proprio consegnata una sceneggiatura completa scritta da Eugenio, il cantante, che ho rivisto in qualche punto e arricchito con altre mie visioni. Ma quello fu credo l’unico caso di questo tipo e devo dire che apprezzai molto.
AR: Qual è l’aspetto dell’animazione che ti interessa di più?
Complesso rispondere. Credo che l’animazione mi interessi proprio perché presenta molti aspetti interessanti. Comunque, sicuramente la messa in scena. L’aspetto della direzione è per me importantissimo e cerco di imparare e sperimentare sempre di più su quel fronte. Poi la tecnica. Introiettare movimenti e saperli tradurre graficamente in diversi modi è quanto di più soddisfacente possa provare. Scoprire di saper muovere qualcosa senza nessun tipo di supporto o, ancor di più, arrivandoci gradualmente attraverso il ragionamento ti da la sensazione di aver realmente compreso a fondo sia quel movimento che chi lo fa. Infatti a volte mi trovo a fissare in modo inquietante la realtà che mi circonda, è un mio modo di studiare!
AF: Il tuo stile, così particolare fatto di grosse pennellate dense di colore, in certi momenti mi ha ricordato i lavori di Davide Toffolo ai tempi de La seconda rivoluzione sessuale e Il sogno del gorilla bianco, è solo una mia impressione o c’è una qualche influenza di una figura così importante del binomio musica/illustrazione?
Beh Toffolo è sicuramente una colonna portante di quel binomio, e anche se non mi rifaccio dichiaratamente a lui non sono pronto a scommettere che non mi abbia influenzato in qualche modo nel corso degli anni. Apprezzo molto il suo lavoro e specie nei lavori che hai citato i nostri linguaggi sono molto vicini è vero.
AF: Ti piace il mondo del folklore fantastico? Penso ai lavori fatti con i Mòn, che mi ha riportato con la mente ai film di Miyazaki.
Moltissimo. Nel folklore credo ci sia un bagaglio pressoché infinito da cui attingere, specie in un mestiere come il mio. Ogni parte del mondo offre universi incredibili che non possono far altro che arricchire il proprio immaginario. Nel caso specifico stavolta ci hai preso! Sono stato molto influenzato dalle narrazioni di Miyazaki, soprattutto in quel periodo.
AR: Che consigli ti senti di dare a chi si sta affacciando al mondo dell’illustrazione e dell’animazione?
Non scoraggiarti facilmente, impara a convivere col panico e cerca di sfruttarlo a tuo vantaggio. Usa l’intelligenza, sia nel tuo lavoro che nelle tue scelte. Sono anch’esse il tuo lavoro. Rispettati e rispetta ciò che fai. Fai sacrifici, anche giganteschi ma per ciò che ritieni utile al tuo percorso. Cerca di guardare in prospettiva. Fa in modo che ti prendano sul serio ma tu non prendertici troppo. Ricorda che non è impossibile. Mettici amore.
AR: Per concludere, visto che siamo ancora bloccati in casa per un po’, ti volevo chiedere qualche consiglio, sia di visione che di lettura, per i nostri lettori
Che dire, visto che abbiamo citato l’autore, il campo è l’animazione e in più di recente è disponibile su Netflix buona parte della filmografia dello Studio Ghibli direi che per chi non avesse già provveduto, è il caso di approfittarne. Come lettura io ho appena terminato Cecità di Saramago, volevo calarmi nel clima da “contagio” e cercare spunti di riflessione utili a questa condizione, vi ho trovato molto di più. Consigliatissimo.