Michele Bernardi è un animatore italiano che, dalla fine degli anni Novanta, ha prestato la sua arte anche alla realizzazione di diversi video musicali. Tra gli artisti con cui ha lavorato i Tre Allegri Ragazzi Morti, Colapesce, Pacifico e Vasco Brondi. Parallelamente, prosegue la sua personale ricerca artistica con la produzione di cortometraggi animati che hanno ottenuto diversi riconoscimenti.
Che studi hai fatto e come hai cominciato? Hai sempre voluto lavorare come animatore?
Nel 1980 mi sono iscritto, dopo aver abbandonato l’Università di Bologna, a quello che credo sia stato il primo corso di animazione in Italia, presso lo Studio Bignardi a Modena.
Secondo Bignardi fino a qualche anno prima era stato il capo animatore di uno dei più importanti studi animazione italiani, la Paul Film, sempre di Modena, dove producevano gran parte degli spot animati per Carosello (Angelino e l’Omino coi baffi ma anche Toto e Tata, Svanitella e Riccardone, Miguel-Son-Mi, Fido Bau); dopo la fine di Carosello e la conseguente chiusura della Paul Film, aprì uno studio in autonomia, come avrebbero fatto tanti altri usciti appunto dallo studio di Paul Campani. La passione per l’animazione era latente anche se non avevo alle spalle una formazione scolastica artistica, ma un interesse e una base culturale legata all’arte.
La mia vera fortuna accadde veramente un paio di anni dopo quando entrai a far parte come animatore, ma senza averne completamente le capacità professionali, in uno studio concorrente dello studio Bignardi, la GLM di Giancarlo e Loretta Marchesi, pure loro usciti dalla Paul Film. Lì realizzammo la prima serie della Pimpa di Altan, prodotto dalla Rai e dalla Quipos di Milano. Da quel momento in avanti ho avuto sempre più forte la certezza che il mio lavoro sarebbe stato quello dell’animatore. Producemmo più di venti puntate. Questo mi permise di entrare in contatto con grandi artisti come Altan e Cavandoli che era il regista della serie, per il quale animai personalmente un paio di anni dopo alcune puntate del personaggio animato italiano più famoso al mondo, La Linea.
Quelli erano gli anni della pellicola, del disegno su carta e del rodovetro. Ma quella stagione stava finendo. Alla fine degli anni Ottanta cominciai a trasferire le mie competenze e idee all’animazione digitale.
Quanto eri interessato ai video musicali? Era un’opzione alla quale pensavi o ti è capitato per caso?
È stato un caso o, come per l’episodio della Pimpa, pura fortuna. Mi trovavo a pranzo con Igort, Igor Tuveri, grandissimo fumettista, attuale direttore di Linus e Oblomov, nonché regista del film 5 il numero perfetto, tratto da un suo fumetto.
Si aggiunse a tavola con noi Davide Toffolo, ancora poco conosciuto fumettista e musicista leader dell’allora quasi sconosciuta band Tre Allegri Ragazzi Morti. Era il 1997. Da quel giorno è nata l’amicizia ma anche una simbiosi artistica che ci ha portato a realizzare insieme una ventina di video musicali sia per i TARM che per i gruppi legati alla sua casa discografica, La Tempesta. Da allora in poi, ho realizzato all’incirca una settantina di video musicali, per gruppi o musicisti famosi e non.
La domanda più scontata, ma la più utile per chi intenda approcciarsi a questo mondo: come procedi quando devi realizzare un video musicale? Parti cioè dalle suggestioni che il brano ti dà e riesci a immaginare subito il possibile risultato in animazione o procedi per stadi?
Devo dire che proprio l’incontro con Davide Toffolo ha cambiato la mia professione, trasformandola da animatore ad autore. Questo significa che l’approccio al video musicale non è mai stato del tipo ‘lavoro conto terzi’, piuttosto un vero e proprio lavoro autoriale.
Ho imparato a giocare con l’immaginario e la musica, soprattutto con la musica più che con il testo di una canzone. Ho imparato a essere il più possibile slegato dalla didascalia parola/immagine. Ho sempre cercato la collaborazione con l’artista in questione, perché credo sia importante fondere due immaginari diversi in uno unico.
Non ho mai realizzato un videoclip sulla sceneggiatura scritta dal musicista di turno. Ho sempre chiesto totale libertà di movimento. Mi approccio al video musicale come farei per un qualsiasi mio corto personale. Molti dei miei video musicali sono passati ai festival come corti d’autore non necessariamente legati alla musica: for Pina, Venditori Ambulanti o Revelation, per esempio.
Quali differenze con quei lavori in cui il tuo contributo sta “semplicemente” nell’animazione? La sensazione è che siano video che ti costringono a uscire dalla tua comfort zone, ma comunque con splendidi risultati.
Il valore della musica e del testo sono importantissimi per aprire le strade all’immaginazione, come sono molto importanti gli scambi di parole le suggestioni che gli autori riescono a dare durante i primi confronti.
Molto spesso mi sono allontanato da quello che il musicista o cantante si aspettava di vedere. Difficilmente mi sono sentito costretto da esigenze musicali o “direttive” particolari, e quando è successo il risultato non è stato per me mai soddisfacente. Quello che cerco sempre è di rispettare le mie idee e il mio immaginario fino alla fine, la firma sul video è la mia, nel bene e nel male.
Come realizzi tecnicamente l’animazione? Svelaci anche qualche trucco.
Ho iniziato, come dicevo, come animatore tradizionale, carta e matita, legato al mondo del cartoon. Proprio l’incontro con il video musicale mi ha “costretto” a modificare un po’ le tecniche che fino a quel momento usavo.
Generalmente cerco, come è successo soprattutto durante la collaborazione con Toffolo, di sperimentare. Quindi animazione tradizionale come per Occhi bassi dei TARM, oppure disegno su carta poi tradotto in digitale come per Stai mai cca dei 24 Grana, o ancora il procedimento completamente digitale di Quasi adatti dei TARM, oppure tecniche miste.
Poi c’è il rotoscopio. Ecco, i puristi faziosi non la considerano veramente una tecnica di animazione, ma sia Fleischer che Disney, per esempio, hanno utilizzato questa tecnica. Il rotoscopio è la tecnica per cui si disegna utilizzando immagini video riprese dal vero. Waking life di Richard Linklater è stato un po’ una bomba che mi ha fatto capire che questa tecnica può portare l’immaginario molto lontano, forse anche di più dell’animazione tradizionale.
È il contrasto con l’immagine “vera” e il contesto in cui viene collocata che porta a sfasamenti del pensiero e delle emozioni. E si adatta molto bene a un pubblico come quello del video musicale. Importante anche in questo caso è non essere didascalici nella storia, nel disegno e nella realizzazione tecnica dell’animazione.
Gli spiriti guida e la natura. Nei tuoi video c’è spesso la presenza di animali che aiutano/guidano i protagonisti o gli spettatori nella comprensione di una storia. Sono creature marine, lupi, topi, oppure è la natura più in generale ad avere questo potere taumaturgico. È una scelta tua o dipende dai brani/dagli artisti con cui lavori? Ci puoi dire qualcosa a riguardo?
Hai ragione. L’animale è spirito guida, a volte alter ego dell’uomo, a volte l’uomo stesso o la sua negazione. Non parla, ma conosce il linguaggio; è più vicino all’istinto che alla ragione e non può sbagliare perché ne va della sua sopravvivenza. Regola la vita nella natura. L’animale è grande, enorme, è portatore di bellezza, nella crudeltà e nella leggerezza, è sincero.
Gli animali, come l’ambiente in cui si svolgono le storie che racconto, rappresentano la natura o l’esatto contrario, la natura deturpata. Per la quadrilogia di Gianni Maroccolo, Alone I, II, II e IV, sulle illustrazioni di Marco Cazzato ho realizzato, con la massima delicatezza possibile, quattro storie, per altrettanti quattro brani, in cui l’elemento principale era un animale. Ogni animale rappresentava uno spirito e una storia.
Quali sono i tuoi artisti di riferimento?
Difficilissimo da dire, sia per quello che riguarda l’animazione che la musica. Rimasi folgorato dal film animato L’uomo che piantava gli alberi di Frédéric Back in cui animazione e pittura si fondevano perfettamente, ma ancora prima di alcune opere di Bozzetto. Ho amato solo in parte alcuni capolavori di Disney, come “La carica dei 101” o “La spada nella roccia”. Ora Georges Schwizgebel, alcuni pazzi furiosi come Mirai Mizue che è lontanissimo esteticamente dai miei lavori, e, perché no?, Toccafondo.
Se potessi scegliere tu un musicista o dei musicisti con cui lavorare, chi sceglieresti e perché?
Battiato, ma non sarei sicuramente in grado di accompagnare la sua musica, o per lo meno quella sua che interessa a me, in modo adeguato. Troppo per me. Iosonouncane, la sua musica è incredibile e piena di emozioni, onirica, selvatica, grezza e raffinata. Ma è difficilissima da interpretare senza scadere nello scontato. La sua è una colonna sonora perfetta e complessa, ma che forse lascia spazi alle interpretazioni.
Poi Talking Heads e Radiohead, che finiscono tutti e due con la testa, e qualcosa di comune avranno pure. Ma come per Battiato e Iosonouncane, è facilissimo cadere nel didascalico.
C’è sempre il mio amico Luca D’Alberto, l’autore delle musiche di For Pina che è un artista incredibile, ma troppo poco conosciuto e valorizzato sebbene vanti collaborazioni incredibili.
Tu insegni anche all’Accademia di Belle Arti. Trovo che gli studenti oggi siano molto interessati ad apprendere la tecnica dell’animazione e siano stati avvicinati a questo mondo da anni e anni di produzioni Pixar&Co. Quanto ai video musicali, invece, pur avendo a disposizione strumenti che permettono di cercarne, vederne e analizzarne continuamente di nuovi, ho come l’impressione che siano sempre pochi quelli che riconoscono a questa forma breve di usare un linguaggio completo e stimolante. Che ne pensi?
I giovani, gli studenti delle Accademie o comunque i giovani in generale sono fortemente influenzati da quello che vedono sui canali televisivi esistenti, su Netflix, Amazon e gli altri, ma soprattutto da ciò che vedono attraverso gli smartphone. Questa modalità non mette in evidenza la qualità di un prodotto, ma si basa solamente sulla velocità di fruizione. Conoscono le immagini animate gif. Non hanno paragoni di riscontro, certo sanno di Miyazaki, gli anime e i manga e purtroppo sono legatissimi, e non capisco perché, al cinema fantasy in tutte le declinazioni possibili. Dico purtroppo, e mi vorrei sbagliare. C’è comunque qualche studente con interessi più ampi. Come spesso dico ai ragazzi, la soluzione è quella di muoversi, di guardare quello che succede nei festival di cinema in generale e in quelli dedicati all’animazione, sia in Italia che all’estero dove la qualità dei lavori è davvero altissima, dalle opere sperimentali a quelle più tradizionali.
Uno dei video musicali che propongo agli studenti, per essere stato uno dei primi videomusicali animati, grafico e speciale, è Sign O’ The Times di Prince. Per me è un capolavoro di eleganza grafica, eppure viene sempre un po’ snobbato dai ragazzi e mi chiedo perché! In parecchi casi, insieme musica e animazione hanno raggiunto livelli di qualità e creatività altissimi.
Quanto le nuove tecnologie hanno cambiato e/o cambieranno la tecnica dell’animazione? Per quanto stiamo vedendo recentemente, penso ad esempio a Gen-1 di Runway AI.
Non sono particolarmente attratto dalle tecnologie in generale. Certo un minimo di aggiornamento lo faccio anche ora, ma per quel che riguarda il mio lavoro è cambiato pochissimo dai tempi della pellicola. Tutto sommato, la tecnica di animazione non è cambiata tantissimo. Quello che il digitale ha migliorato sicuramente è la velocizzazione dei tempi di realizzazione. Probabilmente vedremo sempre più spesso animazioni generate dall’Intelligenza Artificiale che cambierà ancora il modo di percepire l’immagine in generale, e probabilmente accelererà ancora di più i processi realizzativi.
Quel che non cambierà, spero, sarà invece l’attività creativa dell’uomo che è indispensabile e libera da qualsiasi gabbia artificiale.
Guardando alla scena italiana e internazionale, ci sono già secondo te dei nomi interessanti tra le nuove leve dell’animazione?
Ci sono tantissimi bravissimi giovani animatori, quindi è molto difficile fare dei nomi. Ma ne faccio uno: Boris Labbè. È un giovane animatore franco-spagnolo che realizza progetti e animazioni molto sperimentali, molto legate ai sincronismi della musica e che ha prodotto, secondo me, un capolavoro come La Chute.
Per quello che riguarda il panorama italiano è forse ancora più difficile. Sicuramente le scuole di animazione, come il Csc di Torino, hanno alimentato da una ventina d’anni in maniera positiva una situazione che alla fine del secolo scorso era davvero desolante. In questo caso, quindi, nessun nome per rimanere equidistante. Il mondo dell’animazione italiana è ancora troppo piccolo.
Puoi anticiparci qualcosa dei tuoi prossimi progetti?
A “causa” dell’insegnamento e della produzione di video musicali che sono diventati pane quotidiano, da alcuni anni ormai non riesco più a produrre un corto animato da dedicare solo ai festival. Dal 2020 ad oggi, ho scritto diverse sceneggiature, senza che mi convincessero fino in fondo.
In questi giorni sto provando a scrivere una storia che avevo programmato di realizzare diversi anni fa. Si tratta del terzo episodio di una mia piccola serie dedicata all’acufene, anche se non di carattere scientifico. Dopo tinnitus #1 e tinnitus #2, questo dovrebbe essere il terzo. L’idea è di realizzarlo in parte su acetato, lavorato a pennello, e in parte in digitale; è una storia non lineare e introspettiva che riguarda gli intrecci e i flussi del pensiero. Vedremo.