Fotoromanzi – Il classico senza classicismo, una rubrica di Alberto Beltrame
«La lunga e tenebrosa notte della fine della storia va presa come un’opportunità enorme. La stessa opprimente pervasività del realismo capitalista significa che persino il più piccolo barlume di una possibile alternativa politica ed economica può produrre degli effetti sproporzionatamente grandi. L’evento più minuscolo può ritagliare un buco nella grigia cortina della reazione che ha segnato l’orizzonte delle possibilità sotto il realismo capitalista. Da una situazione in cui nulla può accadere, tutto di colpo torna possibile»
(Mark Ficher, Realismo capitalista)
Da Parigi, incipit autobiografico: tra un attentato e l’altro in quel di Francia, è morto pure un mio omonimo. Il Colonel Beltrame si è sacrificato al posto di un ostaggio a Carcassone nel 2018. Medaglie, funerali di stato e doverose strade in suo onore. A Gentilly, nella banlieue parigina dove vivo, hanno deciso di detronizzare Lenin da una delle Avenue principali per metterci il “mio” nome. La popolazione però non era d’accordo, così come la giunta comunale, piccolo e isolato feudo del minuscolo partito comunista francese. Mi dovrò accontentare di un piccolo vicolo: Allée du Colonel A. Beltrame. Piccole prove di resistenza toponomastica : niente a che vedere con la Reggio Emilia degli Offlaga Disco Pax.
Il video di Robespierre si struttura così: coda di sincronizzazione con conto alla rovescia, aggancio sul video, intervallo con riprese in esterno e ritorno sul video che diventa meta-digitale. In 4 minuti e pochi secondi, il videoclip diventa documento plastico della post-modernità politica e tecnica dell’Italia dalla fine degli anni Settanta all’inizio degli anni Duemila. L’evoluzione della tecnica – dalla pellicola al video, dal video al digitale e poi ritorno nostalgico e vintage a un passato anacronistico ma poetico – è la metafora dell’evoluzione dell’idealismo. Tecnica come progresso, tecnica come atto rivoluzionario sconclusionato, tecnica come realismo idealista. Idealismo come sogno infantile, idealismo come atto possibile e autentico, idealismo come limite tecnico insormontabile. Respinti all’uscio, il sogno che si trasforma in ricordo nostalgico.
Costo totale dichiarato per la realizzazione del videoclip: 936,5 euro. Correva l’anno 2005, sicuramente un po’ d’inflazione c’è stata, ma non penso sarebbe escluso dalla categoria dei videoclip Low Budget. Ecco, in un’epoca in cui si discute tanto sul rinnovamento della RAI, sembra doveroso rispolverare un video così, come una possibile base per un nuovo programma nella fascia lasciata libera da Fabio Fazio: costa meno di Fazio, ha molte più idee e stavolta potrebbe essere qualcosa davvero di sinistra, perché no? Potrebbe essere quell’evento minuscolo che «può ritagliare un buco nella grigia cortina della reazione che ha segnato l’orizzonte delle possibilità sotto il realismo capitalista». Sarebbe un programma diverso, davvero alternativo e profondamente nostalgico, sarebbe un programma che potremmo definire “ventrale”.
Da Robespierre a Lenin, da Lenin a Beltrame. Nomi, cognomi e luoghi lontani. La televisione contenitore, la televisione contenuta, la televisione incontinente. Nostalgie, brutali realtà, inesattezze della storia. Particolari, contenitori video, illusioni e vecchie storie. E poi quello che rimane, nomi su strade, segni su statue. Per quello che vale. L’equilibrio da veri equilibristi di un mondo che si stava sbriciolando e la testimonianza video dei sentimenti, reali, che quel mondo sostenevano. Il peso della storia. La leggera consapevolezza che tutto svanisce. Che tutto ritorna, ma sempre tutto diverso. Quelle passeggiate in campagna, ogni tanto, e il chiasso prepotente della cultura nelle grandi città. Vabbè, parlo da solo.