Giulio Rosati è indubbiamente una delle firme più importanti nel panorama del videoclip italiano recente. Il regista milanese, classe 1992, ha cominciato da ragazzo realizzando i primi video fatti rubando di nascosto la 550d al papà per poi approdare alla pubblicità, scrivendo spot. Negli ultimi anni ha realizzato videoclip per alcune pop star e rapper italiani fra i più famosi. In questa intervista passiamo in rassegna diversi argomenti che vanno dal processo creativo allo stato del videoclip italiano, dall’uso delle reference all’importanza della preparazione prima di andare sul set. Buona lettura.
Ciao Giulio, come stai? Partiamo dal tuo ultimo videoclip, Cookies N’ Cream per Guè, uscito lo scorso gennaio. Ci racconti un po’ come è nata questa collaborazione e come è stato sul set?
Ciao, molto bene grazie. Sono contento di poter fare questa intervista con voi. La collaborazione con Guè Pequeño in realtà comincia prima di questo progetto; ci siamo incontrati artisticamente per la prima volta sul videoclip Piango sulla Lambo, sono felice che abbia scelto di collaborare nuovamente con me anche in questo disco. Cookies n’ Cream nasce con la volontà del team di Guè di realizzare un prodotto artistico che andasse oltre al classico videoclip rap che tutti noi siamo abituati a vedere.
Sul set, come sempre sui progetti musicali, è stato molto complicato. Il mio obiettivo è sempre lo stesso: realizzare un racconto originale, che abbia una sua unicità e autenticità, che sappia esprimere al meglio l’artista e la mia visione. Il lavoro di convogliare tutti questi elementi insieme, in un unico spazio e in un unico momento, è un impegno che richiede tanta attenzione e fatica e se viene preso sottogamba il risultato è sempre messo a rischio.
Ciò che mi ha più impressionato sono state le scenografie, realizzate da Cler Bonomelli. Come hai lavorato con la scenografa? E più in generale come intendi il lavoro di team, con i vari reparti e professionisti?
Sono felice che la scenografia sia un elemento che ha richiamato la tua attenzione. Io e il mio team seguiamo in prima persona ogni livello di preparazione. Oltre alla regia, mi occupo anche della direzione artistica di ogni mio progetto, questo sicuramente rende molto più impegnativo per me il processo di preproduzione, che mi porta ad avere un costante confronto con tutte le figure che lavorano al video.
Con Cler il lavoro è stato complicato. In tutti i progetti in cui la scenografia è un elemento protagonista l’immaginazione è una caratteristica fondamentale, specialmente quando il budget non ti consente errori. Sicuramente la tecnologia aiuta, attraverso render e disegni, ma la resa finale, concreta, è tutta un’altra cosa.
Scorrendo la tua videografia appare evidente come una delle tue caratteristiche principali sia la versatilità. Hai lavorato con budget molto diversi, sia per artisti emergenti che per vere e proprie star come Ghali e Achille Lauro per citarne giusto un paio. C’è però una direzione in particolare che ti stimola più delle altre o ti piace adattarti di volta in volta alle differenti situazioni e stili?
Dipende da che punto di vista viene osservata la questione. Sicuramente se parliamo di “genere” si, la mia videografia è versatile. Ho lavorato con davvero quasi tutti gli artisti del panorama musicale italiano. Ciò che importa per me è l’idea, e la possibilità di manifestarmi e raccontarmi attraverso i miei lavori. Questa è la direzione che mi stimola di più. Il budget diventa un problema solo e soltanto se ne sei dipendente.
Quanto è importante coltivare un rapporto duraturo nel tempo con un artista musicale? Penso in particolare alla tua collaborazione con Axell, un artista emergente di cui hai curato tre videoclip molto interessanti.
Come in tutto, la cosa importante è l’equilibrio. Coltivare un legame con l’artista è una bellissima cosa, sia dal punto di vista lavorativo che, specialmente, artistico. Mi viene in mente tutto il percorso fatto insieme a Ghali e cosa ha prodotto nel tempo il nostro rapporto e non posso che pensare che il legame che si è creato è qualcosa di magico e irripetibile.
Tutto funziona finché i ruoli rimangono ben delineati, è difficile, me ne rendo conto, perché a volte l’entusiasmo ti porta a confondere le gerarchie e questo non aiuta. Ma se si riesce a mantenere un metodo, un rispetto professionale reciproco, allora lì le cose cambiano, e penso che i risultati parlino per noi.
Axell è stata una bellissima scoperta, è un ragazzo di grande talento. Ho sempre avuto a che fare con gli artisti nel pieno della loro carriera e poter lavorare, con attenzione, fin dal principio, con un artista la cui carriera sta iniziando penso che sia una fortuna e un onore per me.
Facciamo un passo indietro. Come ti sei formato e come sei approdato a fare videoclip?
Ho studiato comunicazione all’università e il mio obiettivo è sempre stato il cinema. I videoclip sono uno step molto importante nel mio percorso. Sono grato di lavorare nella musica, molto spesso sento snobbare i videoclip solo per via del budget e onestamente non me lo spiego. Il videoclip, per un regista che ambisce nella sua carriera a raccontare, sono una delle opportunità più grandi.
Hai cominciato scrivendo spot e pubblicità. Quanto è importante la scrittura nelle tue creatività, te ne servi per proporre le idee ad artisti e discografici o preferisci realizzare treatment più incentrati sull’aspetto visivo? Puoi descrivere a grandi linee il tuo processo creativo?
La scrittura è tutto. Non amo i video manieristici o dove l’unica cosa che conta è l’emulazione di reference fotogra che. Ogni elemento che compone un prodotto visivo, qualunque esso sia, deve lavorare in sinergia con l’idea e il concetto che si vuole comunicare.
Questo non significa che poi non ci deve essere una cura estetica, anzi, ma se in un progetto prima ancora del concetto ci sono reference visive ed estetiche, allora il progetto è fine a se stesso. Non mi convince.
Parliamo invece del set e della pre-produzione: in queste fasi hai un’attitudine maniacale o preferisci dare spazio all’improvvisazione?
Il momento in cui l’artista è sul set, con la camera pronta a girare è un momento unico, irripetibile e pieno di variabili da tenere in considerazione. Quindi se non si è pronti a improvvisare allora sicuramente si è in difficoltà. Però tutto il processo di preparazione, per quanto mi riguarda, è un lavoro meticoloso per ridurre al minimo, le possibilità di ritrovarsi nella situazione di improvvisazione.
In ambito videoclip e non solo, quali sono i registi a cui ti ispiri maggiormente?
Non ci sono registi a cui mi ispiro maggiormente. Sono un appassionato di cinema, di immagini e di tutto ciò che l’arte e la creatività possano offrire, e onestamente, alla fine, come traduzione di tutte le influenze a cui sono sottoposto, cerco di ispirarmi unicamente a me stesso, è l’unico modo per mantenere una propria autenticità.
Cosa ne pensi della scena videomusicale italiana? Quali pensi siano i problemi principali che si incontrano al giorno d’oggi nella realizzazione di un videoclip: i budget? Le tempistiche? Il gusto dei committenti?
Non mi piace parlare dei problemi, piuttosto preferisco dare la mia personalissima opinione su come bisognerebbe affrontare la gestione di un videoclip, perché credo che in Italia ci siano gravi difficoltà. Prima di tutto penso che i videoclip siano una cosa seria, un’opportunità troppo grande per noi registi che vogliamo sperimentare e abbiamo l’esigenza di metterci in mostra e metterci alla prova.
Quale altro mezzo ha un giovanissimo regista, in Italia, per mettere in pratica la propria scrittura e il proprio talento? Facendo contenuti social per qualche azienda? Il videoclip ha bisogno di essere preso seriamente, con grande cura e grande attenzione, da parte di tutti, perché è un’opportunità artistica da tutelare, anche se i budget e le tempistiche non sono gli stessi del mondo della pubblicità. Anche all’estero i videoclip si fanno con pochi soldi, e in generale con molti meno mezzi rispetto al cinema e ai commercial, eppure il prodotto finale sembra sempre essere un passo avanti.
I budget non possono essere l’unico problema. Le tempistiche nemmeno. L’attenzione al progetto invece, quello è un grosso problema. Rendere industriale il processo non porta attenzione per il dettaglio. E questa è un’osservazione che tocca tutti i ruoli e le figure intorno al processo di realizzazione di un videoclip: il regista che si occupa di dieci progetti in contemporanea – penso che nessun cliente vorrebbe questo -; l’etichetta che vuole realizzare dieci cose con lo stesso budget – penso che nessun artista vorrebbe questo; la casa di produzione che fa dieci video in contemporanea – penso che nessun regista vorrebbe questo.
Un videoclip, se si vuole ottenere dei risultati accettabili, va seguito, bene, dall’inizio alla fine con attenzione maniacale, dedicandoci il tempo e la cura necessaria: nel trovare la location giusta, il volto giusto, trovare soluzione alternative ai problemi, valutare ogni singola possibilità, avere tempo di dialogare, avere il tempo di scrivere e così via. Il rischio è chiedere ai registi di sacrificare il proprio talento per trovare solo soluzioni semplici, che non creano problemi, e che rendano il lavoro semplice e senza problematiche.
A livello professionale quali sono le tue ambizioni a breve e medio termine?
Sono fortunato perchè ho diversi progetti che sto portando avanti e con grande soddisfazione posso dire che ognuno di questi sta vedendo la luce. È’ sempre difficile convogliare il lavoro con i progetti personali, ma con il tempo ho imparato ad “accendermi” anche autonomamente, perché quando è la tua creatività a generare un prodotto allora lì la luce sembra essere più forte e autentica. E poi, credo che sia arrivato il momento per raccontare qualcosa di più personale.