Fotoromanzi – Il classico senza classicismo, una rubrica di Alberto Beltrame
Well, I woke up Sunday mornin’
With no way to hold my head that didn’t hurt
And the beer I had for breakfast wasn’t bad
So I had one more for dessert.
Kris Kristofferson è figlio di un generale dell’aviazione dell’esercito degli Stati Uniti. Grazie a queste sue origini, in giovane età riuscì a ottenere la patente per poter guidare gli elicotteri. Ma la sua passione era la musica, in particolare la musica country, e la letteratura. Le sue prime canzoni trovarono difficilmente lo spazio richiesto per poter essere conosciute. E cosi, nel tentativo di provare ad andarsi a prendere quella visibilità necessaria, decide che le sue canzoni devono essere cantate da qualcuno di famoso. Anzi, dall’incarnazione stessa di un certo modo d’intendere la musica e la vita: Johnny Cash.
Ma come fare ad attirare l’attenzione della leggenda della musica country americana? Semplice: basta prendere un elicottero, atterrare nel giardino di casa sua e offrendogli una birra dirgli: “questa è Sunday Mornin’ Comin’ Down, la devi cantare tu.” Ecco, così vuole la leggenda, e poco importa se diverse volte lo stesso Kristofferson l’ha smentita dicendo che non si presentò con una birra, che Johnny Cash non era nemmeno in casa e che tra le canzoni che gli propose non c’era neppure quella. Ciò che davvero conta è il fatto di averci provato in quel modo e soprattutto il risultato: Johnny Cash canterà la canzone in prima serata nel suo show televisivo, senza nemmeno curarsi della censura preventiva che era stata fatta sul testo da parte dei responsabili dell’emittente (per un verso che faceva intendere l’essere sballato dagli effetti della droga e dell’alcool).
Correva l’anno 1969 e così inizia la carriera e il successo di Kris Kristofferson. Una carriera che lo porterà anche al cinema, soprattutto a vestire i panni di Billy the Kid nel film di Sam Peckinpah. Uno dei più grandi e maturi Western di sempre, che per non farsi mancare nulla, oltre che Kristofferson, vedeva nel cast anche Bob Dylan (che interpreta l’alias di Billy), che fu proprio colui che scrisse l’indimenticabile colonna sonora (nella quale spicca la celebre Knockin’ on Heaven’s Door).
Pat Garrett e Billy the Kid è un’opera che rende evidente il legame tra musica e cinema, tra la forza dell’immagine e la grandezza della cultura musicale qui incarnata, sia a livello attoriale che nella colonna sonora, da due dei più grandi protagonisti di quel mondo negli Stati Uniti. C’è qualcosa del videoclip in tutto questo: questa relazione inscindibile, imprescindibile e immediatamente permeabile tra questi due mondi, tra il filmato e l’ascoltato. Il nuovo mondo e la tradizione. L’arte e la cultura popolare. La gioventù e l’eredità di un passato glorioso: Gianluca Grignani.
Il Grignani d’inizio carriera sembrava rappresentare solamente un ragazzino giovane e belloccio, adatto a un pubblico di ragazzine e poco di più. Ma, come abbiamo già avuto modo di raccontare, la sua carriera prese una direzione ben diversa e lui seppe imporsi come una figura decisamente meno etichettabile e prevedibile, sul solco della tradizione cantautorale italiana. Alcuni lo vedevano come il nuovo Vasco Rossi (Vasco in primis), altri come un fenomeno di passaggio. Ma lui era semplicemente Gianluca Grignani, con “i suoi sbagli e i suoi ‘ma sì’”.
Un giovane fin troppo ribelle, forse, un talento musicale e poetico senza dubbio. Senza doverne poi sempre parlare al passato, come se tutti i problemi che ha avuto, o il successo che piano piano è andato calando, ne avessero davvero scalfito la sua capacità a scrivere canzoni, a trasmettere emozioni in maniera molto sofisticata e originale (ad esempio, ecco qui un’analisi dettagliata della grandezza del suo ultimo pezzo sanremese). Grignani è stato un giovane sprezzante ma dalla natura malinconica fin da subito, Grignani è stato un talento puro con tanti eccessi e un futuro impossibile: Gianluca Grignani è stato Billy the Kid.
Se Billy the Kid è Grignani, il suo Sam Peckinpah non poteva che essere Stefano Salvati. Uno dei grandi protagonisti di questa rubrica, di certo il regista di videoclip a cui abbiamo dedicato più spazio. Dalle vicende di plagio/contro plagio per un video di Antonacci, la collaborazione con Masini a inizio anni Novanta, l’aver scoperto una allora adolescente Angelina Jolie, fino alle avventure messicane di Max Pezzali. Con questo video girato per Grignani, siamo già a cinque presentati in questa rubrica, senza dimenticare l’aiuto alla regia per Polanski al tempo della collaborazione con Vasco Rossi. Come nel caso del video per gli 883, si torna nel deserto, ma questa volta si racconta una storia diversa: è proprio la leggenda di Billy the Kid e Pat Garrett. Un giovane ribelle che scappa, un vecchio sceriffo che lo insegue. Uguali e diversi, entrambi alla ricerca della propria identità nel silenzio di un deserto infinito. Uguali e diversi, due solitudini nella moltitudine dei sogni impossibili che offre il desiderio dell’immortalità.
Il western leggendario, il western solitario, il conforto tra i poli d’attrazione dell’umano spirito: la vecchiaia e la giovinezza, il coraggio e la saggezza, l’avventura e la prudenza, la tendenza a infrangere le regole e il dovere di farle rispettare. Pat Garrett e Billy the Kid terminava con quella sequenza leggendaria in cui Pat Garrett trova e uccide Billy, uccidendolo colpisce quello specchio che rappresenta il fatto di aver definitivamente ucciso un parte di sé. La notte insonne a seguire come atto di rispetto verso quello che fu e allo stesso tempo di profondo dolore verso l’inevitabile destino umano. Parabola di una vita che obbliga a farla finita con la giovinezza, in nome della maturazione, il tradimento del proprio passato. E poi il dover continuare, di nuovo in sella al suo cavallo per proseguire il cammino. Un bambino, al primo stadio del percorso della vita, non può capire tutto quello che è successo e allora gli tira i sassi, il cerchio della vita ricomincerà da lui e finirà sempre con un Pat Garrett che dovrà fare quello che ha fatto.
Ma alla fine del video di Salvati, Grignani scappa, ce la fa, prende una moto e se ne va. Pat Garrett non è riuscito a ucciderlo. Nel caso di Grignani/Billy, sarà proprio il giovane a salvarsi. Un giovane destinato a invecchiare con quello spirito impossibile. Perché giovane e ribelle era stato pure Pat Garrett che, appunto, per sopravvivere aveva dovuto fare i conti con sé stesso, con la vita che cambia, con le scelte che comporta, tra cui la prima e la più dolorosa è il dover uccidere le illusioni e la spensieratezza di quello che fu. Ma se Billy si salva? Se Billy invece continua la sua vita senza fare i conti con quello che il tempo avrebbe dovuto essere? Se Billy fosse rimasto Billy, ma non più giovane. Se Billy si fosse salvato, sì, Billy avrebbe avuto lo stesso amaro destino di Gianluca Grignani: se non fai i conti con il passato e con l’inesorabile cambiamento delle stagioni, allora sei destinato a pagarne un prezzo. Billy si è salvato ed è cresciuto. Uguale e diverso da tutti noi.