Fotoromanzi – Il classico senza classicismo, una rubrica di Alberto Beltrame
Arthur Schnitzler era uno scrittore alquanto particolare. Un po’ medico, un po’ drammaturgo, un po’ alias di Freud. Psicoanalisi e romanzi, opere teatrali e ricerche mediche. E poi quel piccolo racconto, reso poi immortale a distanza di più di settant’anni dalla sua pubblicazione. Doppio sogno è un mini-trattato sull’inconscio e il suo potere d’astrazione a partire dalla materialità del desiderio. È la fuga impossibile dentro territori immaginifici e la sensualità della crisi esistenziale. Doppio sogno è il punto di partenza per l’ultimo e immenso paradiso estetico di Stanley Kubrick: Eyes Wide Shut.
Ma Doppio sogno è anche sorprendentemente alla base di uno dei grandi videoclip degli anni Ottanta. In quello che potremmo di fatto definire un “plagio per anticipazione”, William Friedkin (il regista de L’esorcista) ne prende spunto per disegnare l’architettura del suo viaggio onirico, tra maschere, perdizione ed eterna fuga dal reale.
Il video di Self Control sarà allo stesso tempo la forza e la debolezza del singolo cantato da Laura Branigan nel 1984. Di certo un video d’impatto, di certo una piccola perla nel mondo videomusicale degli anni Ottanta. Ma allo stesso tempo il video ebbe grossi problemi con la censura. L’estrema sensualità, il desiderio esplicitato in maniera cosi forte e in più da parte di una donna, era inaccettabile per molti, anche nei sempre più libertini anni Ottanta. In particolare non aiutò la scena in cui la cantante sogna di essere coinvolta in un’orgia, tanto che MTV decide di escludere il video dalle rotazioni, penalizzando non di poco il singolo, sopratutto negli Stati Uniti.
In Europa poi c’è la concorrenza spietata di un altro singolo: Self Control, la versione cantata da Raf. Ovvero l’originale a partire dal quale Branigan e soci avevano tratto la cover. Sopratutto in Italia, ovviamente, sarà Raf a trionfare e a rendere la canzone famosissima e ballata in tutte le discoteche. Il videoclip è modesto, ma ha tutto quello che serve nel contesto degli Ottanta italiani per accompagnare per bene la promozione del brano. Ma all’origine di tutto questo c’è qualcos’altro. C’è la musica italiana, la musica più tradizionale e popolare e allo stesso tempo quella più underground. All’origine di tutto questo ci sono gli Squallor.
Self Control, in entrambe le versioni, fu un successo straordinario. Un successo mondiale, un singolo che tutt’ora capita di ascoltare e che ha segnato nel suo piccolo l’immaginario di quegli anni. La canzone è stata composta da Giancarlo Bigazzi, Steve Piccolo e lo stesso Raf. In particolare Bigazzi sarà l’anima di questa composizione, grazie alla già allora lunga carriera nel mondo della musica italiana e non solo. Solo qualche anno prima era stato l’autore di un altro successo clamoroso, ovvero Gloria cantata da Umberto Tozzi, che anch’essa divenne una hit a livello globale.
Ma Bigazzi è stato autore di tanti altri grandi successi: Rose Rosse e Erba di casa mia cantate da Massimo Ranieri, T’innamorerai e Bella stronza di Masini, Ti amo e Si può dare di più ancora in collaborazione con Tozzi, e poi Montagne verdi, Lisa dagli occhi blu, Gli uomini non cambiano e davvero molte altre. Insomma: la storia della musica italiana. Anzi, qualcosa di più. Perché Bigazzi, assieme Alfredo Cerruti, Daniele Pace e Totò Savio, è stato il cuore del progetto degli Squallor. Un fenomeno unico nel suo genere: un gruppo underground formato dagli autori più celebri e riconosciuti della canzone popolare italiana.
Di Bigazzi abbiamo detto. Ma anche gli altri erano delle autorità nell’ambito della canzone all’italiana. Daniele Pace è stato il paroliere per canzoni cantate da Gigliola Cinquetti, Loredana Bertè, Caterina Caselli, i Ricchi e Poveri, Pupo. E poi Orietta Berti, di cui la canzone Alla fine della strada divenne un gran successo nella versione inglese Love me tonight interpretata da Tom Jones (una delle tante grandi “cover dall’italiano” di cui avevamo già parlato in un precedente articolo di questa rubrica). Daniele Pace pubblicherà anche un disco tutto suo, molto personale e molto in stile Squallor, il mitico Vitamina C del 1979, di cui possiamo ricordare il grande capolavoro Orgasmo.
Totò Savio, che oltre musicista e paroliere era pure direttore d’orchestra e cantante, è stato sopratutto l’autore di Cuore matto e Maledetta primavera. Ma anche collaboratore di Franco Califano e Michele Zarrillo (sua Una rosa blu). E poi Alfredo Cerruti che è stato una personalità davvero centrale nel mondo dello spettacolo italiano: produttore discografico, autore televisivo e collaboratore storico di Renzo Arbore. E anche discreto latin lover (famosa la sua relazione con Mina), dote che ha saputo poi dare in eredità pure al figlio Alfredo Jr., che è stato manager e fidanzato di Laura Pausini per dieci anni.
Questa combinazione sorprendente di talenti diede luce a una serie di canzoni e di album che divennero celebri. Senza filtri, con una libertà espressiva estrema e un perfetto dosaggio d’improvvisazione e scrittura. Un fenomeno sotterraneo che pian piano è emerso attraverso il passaparola e il passarsi sopratutto dei dischi e delle musicassette. E poi la televisione e il cinema. Senza mai snaturarsi e senza mai perdere quel tono beffardo, grottesco, irriverente. Cantando di sogni sessantottini infranti, impotenze varie o ballate sull’otite. In italiano e in napoletano. In una lingua tutta loro, come fu per il principe Totò, attraverso la quale creavano il massimo dello sfregio possibile alla canzone tradizionale (italiana e pure napoletana). Un calendario tutto loro (38 luglio…), un modo di cantare innovativo (Alfredo Cerruti a suo modo anticipa di parecchi anni Massimo Volume e Offlaga Disco Pax) e un elogio alla totale libertà dell’espressione artistica: il sistema che diventa antisistema, l’anarchia dettata dai primi manovratori dell’ordine.
E il caso di Self Control fa capire il livello di questi autori. Gente capace di creare delle vere e proprie hit e di poter scrivere per i più grandi cantanti italiani, arrivando poi al successo internazionale. Autori riconosciuti che decidono di comporre in parallelo, di essere qualcosa di completamente diverso da quello che fanno per vivere. Completamente diverso eppure essenzialmente molto legato alla loro natura. Perché le canzoni degli Squallor sono spesso dei capolavori melodici, delle raffinate rime e hanno degli arrangiamenti di prim’ordine. Forse meno pubblicizzati e con testi troppo espliciti per il mercato popolare, di certo sono spesso dei potenziali grandi successi sacrificati in nomi della goliardia. E nel caso di Self Control, possiamo ricordare che, qualche anno prima, gli Squallor avevano inciso un’altra canzone dance, che aveva anche’essa tutte le potenzialità per diventare un successo internazionale. In un modo alternativo, il regista de L’esorcista ci avrebbe costruito certamente un videoclip di alto livello. E noi l’avremmo ballata per anni e anni.