Popa e la film-maker Ippolita del Bono Venezze ci raccontano come è nato il videoclip di Sciura milanese
Intervista di Chiara De Rosa
Introduzione di Chiara Grauso
Maria Popadicenko, in arte Popa, è un’artista lituana trapiantata a Milano: stilista e cantante, coniuga questi due mondi dando vita ad opere ibride e uniche. Anche l’occhio vuole la sua parte, si sa, e il progetto artistico di Popa, nato nel 2019 grazie alla sinergia tra Carlos Valderrama e lo studio creativo Salotto Studio, ne è la prova: l’attenzione che l’artista pone ai dettagli estetici dei suoi lavori è lampante, mostrandoci la forza che acquista l’arte quando nasce dall’unione di più forme.
Popa si avvicina al mondo italiano e alla sua arte – una realtà che la affascina da sempre – e con occhio attento riflette sulla dolce vita del nostro paese. I brani che pubblica sono il risultato preciso di questo attento lavoro di osservazione: la sua ultima uscita, Sciura Milanese, è un vero e proprio inno alle iconiche signore di Milano.
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Tutto ciò prende forma visiva nel videoclip del brano: realizzato dalla filmmaker Ippolita del Bono Venezze, questo lavoro fa della cura e l’attenzione ai dettagli il suo punto di forza.
Curiosissime a proposito del progetto di Popa, che ci affascina, e del videoclip, opera singolare e di spicco, noi di Futura 1993, abbiamo fatto una chiacchierata con entrambe!
Ciao Popa, com’è nato il tuo amore per l’Italia e per la musica? Qual è venuto prima e quanto, per te, sono intersecati tra loro?
Da quando ero piccola sognavo di vivere in Italia. Mi immaginavo di vivere la dolce vita italiana ascoltando le canzoni di Toto Cotugno e Ricchi e Poveri. Loro sono incredibilmente famosi in Lituania! Ero convinta che il miglior modo di capire la cultura italiana e imparare la vostra lingua era cantare le hits italiane. Amo l’Italia per la sua bellezza: è impossibile non innamorarsi dei suoi luoghi, persone, arte, moda e musica!
Per certi versi si può dire che la tua è una musica abbastanza visuale, quali artisti ti hanno influenzato di più sull’aspetto musicale e non?
Mi ispira principalmente tutto ciò che è stato creato fino agli anni 90, le donne artiste come Jane Birkin, Heather Parisi, Cicciolina, Raffaella Carrà. Cerco di prendere gli spunti da quegli anni e rivisitarli in una chiave più personale e contemporanea.
Com’è nata Sciura Milanese? E a cosa ti sei ispirata rispetto alla sonorità del brano, che ricorda molto gli anni ’80?
Sciura Milanese è la prima canzone che ho scritto in assoluto. Questo singolo lo avevo pronto già nel 2018. Le sonorità che sentite in questo brano sono un mix di varie reference prese dai diversi brani anni 70 e 80. Quei decenni sono il periodo che amo e apprezzo di più. È un mix and match di tutti i suoni che amo! Mi piaceva l’idea a creare un inno alle donne di grande stile ed eleganza con un suono pop.
Cosa hai appreso e cosa ti affascina dalle sciure milanesi? Pensi sia un concetto relegato alle signore di una certa età oppure risulta un modo di essere che si può trapiantare anche in ragazze più giovani?
Le sciure sono veramente cool perché hanno tanta classe, stile e insegnano discrezione. Per me le sciure milanesi sono il punto di riferimento per tutto, davvero un giorno vorrei essere come loro; ma ho ancora tanto da imparare. Loro sono delle muse eterne per tutte noi, non importa di che età sei.
Prima di essere una cantante sei una stilista, e questo si nota dall’estetica dei video dei tuoi brani. D’altronde la musica, proprio come un abito, riflette la personalità di una persona. Come interpreti il legame tra moda e musica?
Io credo che la moda e la musica siano due mondi complementari che coesistono sullo stesso piano per le numerose cose che hanno in comune, entrambi rispecchiano l’estetica precisa legata ad un periodo specifico.
Ciao Ippolita. Hai saputo cogliere un’ambientazione anni ‘80 attraverso particolari inquadrature, sfondi e colori. Come ti sei preparata alle riprese?
Ciao! Quando ho conosciuto Popa, ancora prima di parlarmi della canzone, ha tirato fuori il cellulare e mi ha fatto vedere video di tutte queste eleganti signore milanesi, che passeggiavano per strada, mi piaceva l’idea di riuscire a riprenderle nel loro habitat naturale, senza perdere lo stile documentaristico di questi piccoli video che avevano ispirato Popa.
Grazie a Stefania Bonomini siamo state invitate ad un tè con pasticcini ospitato dalle classiche signore che vengono idealizzate nella canzone. A quel punto sapevo di non voler imporre la nostra presenza e sconvolgere il loro ambiente familiare con grandi videocamere o luci artificiali, usare la mia super8 con luce naturale mi è sembrata la scelta migliore: non solo l’uso della pellicola avrebbe ricreato un’estetica perfetta per il dreamy feel della melodia di Popa, ma negli anni 60’ la super8 è nata dalla necessità di avere videocamere per filmini di famiglia, sapevo quindi che usandola sarei riuscita a dare il meno nell’cchio possibile.
L’unica cosa differente per le nostre ospiti sarebbe stata la presenza di Popa nella loro quotidianità, e riprendere questa “intrusione” era proprio quello che desideravo, l’incontro tra l’idealizzato e l’idealizzatore è affascinante. Oltre a ricreare lo stile documentaristico, per noi era importante anche la contrapposizione tra l’idea della sciura reale e quella idealizzata; per la seconda abbiamo avuto la fortuna di trovare, durante uno dei primi location scouting, una casa tutta rosa dove inserire la Sciura creata da noi, che ho cercato di deumanizzare riprendendola sempre da lontano e mostrando il meno possibile il viso dell’attrice.
Raccontaci qualcosa del backstage: com’è avvenuta la scelta delle protagoniste del video e dell’ambientazione? E soprattutto, le sciure si sono divertite con le riprese?
Le “Sciure” si sono genuinamente divertite durante le riprese. L’idea di base era quella di non avere uomini nel video, volevamo elevare il termine “Sciura” mostrando donne forti e indipendenti. Il marito della nostra ospite continuava ad entrare nelle inquadrature, non volevo perdere lo stile documentaristico cominciando a “dirigere” i proprietari di casa, ho deciso quindi di osservare e riprendere le interazioni tra “Sciura” e marito. Queste inquadrature hanno aggiunto il tocco reale che mancava su carta alla nostra idea, al giorno d’oggi è facile parlare di donne indipendenti, ma per la classe sociale e la generazione che stavamo documentando, è molto più organica e veritiera l’idea di un lavoro di coppia per raggiungere lo status symbol, nell’immaginario comune non esiste una “Sciura” senza marito, ma non esiste neanche un uomo importante, di una certa età, senza una donna al proprio fianco che ne gestisca la vita.
Che tipo di regia, e di regista, ti ispira di più nel tuo lavoro? E in questo lavoro in particolare a quali opere ti sei ispirata per le scenografie e i costumi?
Le registe che più mi hanno ispirata nella mia formazione artistica, sono autrici che tendono a commentare con le loro opere il proprio mondo, Sofia Coppola, Lena Dunham, Greta Gerwig, Chantal Akerman, trovo sia interessante come la maggior parte di queste registe abbia almeno un film nel proprio repertorio fortemente ispirato alla loro vita reale, dove non esaltano la figura di se stesse, ma cercano di usare la camera come mezzo per commentare in maniera imparziale e catartica la realtà della società in cui vivono e anche le parti peggiori di loro stesse.
Alcune di queste, come Chantal Akerman, in particolare durante la sua fase documentaristica e sperimentale, si sono ritrovate a lavorare con budget minimi, perché la voglia di documentare e mostrare un mondo e un punto di vista è tale da dare la spinta per superare limiti che sembrano insormontabili. Non credo quindi sia bizzarro ammettere che per il video mi sono ispirata al mondo reale in cui sono cresciuta, Popa trova divertente che prima della mia fase ribelle (che mi ha portato all’amore per l’espressione artistica tramite lo storytelling) io a 13 anni indossassi tre fili di perle e accompagnassi mia nonna a vernissage e serate di beneficenza, spesso ritrovandomi in un circolo privato per sole donne fondato da una mia antenata.
Penso che la mia infanzia e il mondo da cui provengo mi abbiano fatto avere un imprinting istantaneo con il lavoro di Popa, la voglia di mostrare una realtà a me così familiare, e commentarla grazie alla lente di una macchina da presa è proprio il motivo per cui ho deciso di studiare cinema.
La cosa che colpisce molto è il piano di inquadratura sui dettagli, all’inizio del video. Rappresenta lo stretto legame tra significato e significante. Quanto è importante, per te, questo tipo di ripresa?
Le riprese dei dettagli sono per me di fondamentale importanza, sono avversa al detto “solo allontanandoti puoi vedere tutta la verità”. Trovo che nello storytelling sia vero il contrario, avvicinarsi e mostrare il particolare fa sì che lo spettatore possa mettere insieme pezzi di informazioni con cui potrà comprendere la totalità del mondo e dei personaggi che stiamo descrivendo.
Adoro poi scattare e ritrarre in particolare piedi, so che per molti gli occhi sono lo specchio dell’anima, ma i piedi spesso mostrano molto di più, non so quante volte mi sono ritrovata con le lenti puntate verso il basso, a scattare i calli di uno sportivo, o le unghie perfette di una socialite in piscina, delle calze rotte di una ragazza scalza alle 5 del mattino dopo una festa. Non mi sono resa conto se non alla fine del montaggio che anche in questo video avevo inserito come primo frame il piede di Popa, che tesa, si era appena seduta tra le donne che idealizzava da così tanto tempo.
Il contrasto con la staticità dei dettagli del marito della padrona di casa, con in sottofondo la registrazione di una delle “Sciure” che affermava come molti pensavano sarebbe stato meglio per lei nascere maschio, credo che facciano subito capire di cosa andremo a parlare con il resto del video.
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