Fotoromanzi – Il classico senza classicismo, una rubrica di Alberto Beltrame
Los hombres no sucumbimos a las grandes penas ni a las grandes alegrías, y es porque esas penas y esas alegrías vienen embozadas en una inmensa niebla de pequeños incidentes. Y la vida es esto, la niebla. La vida es una nebulosa.
Miguel de Unamuno
Frammenti. Frammenti di un altro anno passato. Frammenti di video, frammenti di storie, frammenti. Scoperte, riscoperte e sorprese. Novità e vecchie abitudini. Orologi. Sensazioni passate, giochi perduti e nuovi manuali di sopravvivenza. Frammenti di classifiche di fine anno. Frammenti di momenti mai veramente vissuti e occhi rubati. E poi strani colori che riempiono gli spazi. Ovunque. E ovunque quei suoni, suoni presagio di nuove speranze. Un nuovo anno, per nuovi episodi di un vivere inquieto e sommesso al destino. Un nuovo anno, in un nuovo senso e senza direzione alcuna. Ostinati nel vivere e sommersi. Di orologi che scandiscono il tempo e l’incessante parvenza d’immagini in movimento. Di poesia, se video, per 25 volte al secondo e tanto altro che scorre eternamente nel suo oblio. Ed “eterno io mi credei” nell’osservarlo. Eterno nel cercare nel frammento l’ispirazione da cui incominciare. L’immagine.
Eppure… In quest’epoca di (non chiusure) e di aperture, in quest’epoca senza lirica e fin troppa pragmatica. Eppure nello sfuocato trambusto d’incompletezze e domande. Eppure in tutto questo qualche segno, segnali di qualcosa che ci sarà ma poi persino di qualcosa che già c’è. E poi il “c’è stato”. Sono pietre e fuoco, senza tumulti, i migliori gloriosi frammenti dell’Italia con la macchina da presa per i piccoli formati, si diceva un tempo. Il fischiettare solitario del vento ci ha dato. E ci ha tolto, ma senza poi tanta fretta. Che non finisce mai, ce ne siamo resi conto. Che non finisco mai. Immagini. Immagini impresse nella memoria. Immagini di video, immagini di storie, immagini. De temps en temps, sono attimi.
Ricordi. Ricordi di sorrisi e fumo. Ricordi di video, ricordi di storie, ricordi. Del trascinato brusio e di nebbie sottili. Un filo, a volte, tra il sottile dispiacere e l’entusiasmo. Un repentino cambio d’umore, nel chiasso sussurrato del suo dissolversi. E tutt’attorno quei suoni, ancora, a ricordarci il contesto. Che poi, del resto, già ci basti la visione. Ricordi così confusi dall’immenso e infinito flusso di sensazioni. Ricordi così chiari, nello scuro loro nascondersi. Celato l’inganno e mai celebrato. Premiare allora per non renderlo superfluo. Per dare un senso e un punto di riconoscimento. E no, non distogliere lo sguardo. Non adesso nel momento del ricordo. Non perdere l’occasione per trascrivere quel flusso. Non cedere al rimpianto. In quella nebbia che copre e il nostro desiderio di penetrarla. Di fuggire, fosse solo nell’istante, in un gesto sospeso. L’immagine.
Yo era ateo, pero ahora creo. E del resto non rimane poi altro. Sognando futuri lontani, attimi sospesi nel mare. Gavras jr. e un mondo nuovo. Noi ancorati a passati infiniti, storie brutte ma sempre attuali. Il classico senza quel classicismo involontario. Il classico di un sanremese oblio nel dopo storia. Che idea questa di ritornare nei luoghi che furono. Pietra su pietra, greci presagi di coste da visitare. La nebbia che tutto ha avvolto e poi svelato: era tutto già qui in quest’anno fuggito. Basta cercare e il segreto è facile da capire. Ritagli d’idee, immagini migranti di anno in anno. L’essenza del video in fondo, che più video non è da tempo. E cosa è stato, alla fine di un anno, possiamo dirlo. Ricordi di sorrisi e fumo. Ricordi di video, ricordi di storie, ricordi.
Frammenti. Frammenti di un altro anno passato. Frammenti di video, frammenti di storie, frammenti. Che un anno sia la celebrazione della confusione degli attimi. La connessione illogica del visto, del vissuto e dell’amaro senso di delusione. Un altro anno è andato, il suo racconto finito e sempre nel vento quelle risposte a domande che nessuno ha mai posto. E poi: l’immagine. E per quest’anno, questa serie confusa di parole, allora un video, una canzone, una poesia. Che niente ha del 2021 e che allo stesso tempo tutto è nella memoria frammentaria che i ricordi creano. Un frammento riscoperto, di frammenti infiniti che attimi sono stati e attimi sono finiti. Tutto era lì. Nel momento in cui tutto finisce. Uno sguardo, un segno di mortalità nella sua essenza sublime. Era lì. Nel momento in cui stava finendo. Un addio. Addio a un altro anno.