Senza tempo né spazio, solo nuove vibrazioni in un mare simulato. Un uomo che voleva vedersi danzare. L’uomo che amava vedersi danzare. Un viaggio, di un viaggiatore anomalo in territori mistici a cui piaceva tutto della sua vita mortale. Un ballerino, che ti veniva a cercare per necessità e consapevolezza. Senza tempo, senza spazio. Tra sciami d’api e lupi che scendono dagli altipiani ululando. E scendono a valle, in questo mondo saturo di parassiti senza dignità. La gravità di popoli lontani, di musiche arcaiche e divine. Con volontà, verso lo spirito, al di là della materia. E chissà com’è la tua vita oggi, chissà perché avrai abdicato.
Senza tempo né spazio, solo un eco lontano di una voce, della voce del padrone. Fleurs gettati e mai raccolti, nel vuoto impossibile di un ricordo impossibile. Vecchi amanti, tempeste, colombe che cantano la paura della morte. Colombe funebri, bandiere bianche e tempi che non cambiano mai. Pronipoti di sua maestà il denaro che cercano le stelle per cadere nelle sabbie mobili della musica contemporanea. Engagez-vous, se volete, per cercar di dimenticare: non c’è più tempo e non c’è più spazio. Siamo come un cammello in una grondaia, senza più luce, senza più ombra. E chissà com’è la tua vita oggi, chissà perché avrai abdicato.
Senza tempo né spazio, solo una preghiera per non abbandonarmi mai. In questo risveglio di primavera alla ricerca di mondi lontanissimi. Alla ricerca di treni in quel di Tozeur, con la voglia di cambiare, di sganciarsi da questa falsa personalità. Sì, segnali di vita nei cortili e nei caffè all’imbrunire. Café de la Paix a due passi dall’Opera sonnolenta. E poi un brusio da quell’oriente elaborato. Voci dal deserto o da una spiaggia solitaria. No, non c’è più tempo e non c’è più spazio. Il mistico che avvolge quel Brave New World ha già fatto nascere il feto della falsa rivoluzione. Una giubba rossa da indossare ancora e chissà com’è la tua vita oggi, chissà perché avrai abdicato.
Senza tempo né spazio, stagioni che non passano e voglie che ritornano sempre. E quante occasioni andate, fuggire come sognare. Era un sentimiento nuevo, l’eros che si fa parola nella gabbia della materia costante. E poi, Elisa non è nemmeno bella. Uno scalo a Grado e nuovi confini da oltrepassare. Clamori di radio che ti avvertono del pericolo che non si può evitare. Orizzonti perduti per nomadi cercatori di pace. Per vederti danzare, per vederti seduto a quel tavolino. Tra le nuvole, nel secondo imbrunire delle meccaniche celesti. Un silenzio, riflessi di strani cori russi e ancora la domanda sospesa: chissà com’è la tua vita oggi, chissà perché avrai abdicato.
In un tempo nuovo, uno spazio nuovo. Generazioni senza più passato che non hanno potuto vederti danzare. E così lieve è il ricordo. Testamento temerario di un eremita e cura amara per un addio. Un musikanten sospeso tra celebrazione e incomprensione, lo shock di riscoprirlo nell’era dei cinghiali sbiancati. In un tempo mutevole, in uno spazio senza frontiere. Franco rivoluzionario coerente, franco nemico della stantia omologazione. Senza genere né etichette, senza mai dar spazio a logiche semplicistiche. Una vita a fondere suoni, culture e immagini. E sul ponte adesso sventola l’ultima bandiera bianca e noi, che non lo accettiamo, capiamo le ragioni del tuo abdicare.