Non abbiamo fatto in tempo ad apprezzare l’ultimo suo lavoro per Liberato, che Enea Colombi ci sorprende con un nuovo videoclip: Carlito’s Way per Tropico, alias di Davide Petrella, fra i più apprezzati autori pop italiani. Un lavoro aperto a più interpretazioni, costruito attorno a una manciata di immagini elegiache attentamente costruite.
Il video si apre con un misterioso piano sequenza: siamo all’alba e seguendo una donna arriviamo su una spiaggia dove un gruppo di pescatori osserva ciò che le onde hanno portato a riva. Qui comincia un secondo segmento, incentrato su una coppia di amanti: degli Adamo ed Eva moderni, che si stringono in un abbraccio nell’eden di una pineta, mentre alle loro spalle si staglia inquietante un impianto petrolchimico.
La bellezza della natura e la purezza dei due contrastano con l’architettura industriale dell’orizzonte. Non è l’unico contrasto presente nel video, anzi, questo ruota costantemente attorno a delle coppie oppositive come l’acqua e il fuoco, l’amore e (forse) la morte.
Carta bianca
Raggiungo telefonicamente Colombi mentre è a Kiev per fare location scouting per un prossimo spot pubblicitario. «Sono molto contento di questo videoclip, è il mio preferito fra quelli girati quest’anno», mi dice subito. «Quest’anno non ero ancora riuscito a lavorare come volevo», spiega. Per vari motivi, soprattutto per le tempistiche produttive, che tra Sanremo e commissioni tardive, sono sempre stati stringenti. «Poi la pubblicità porta via tantissimo tempo», aggiunge, «devo ancora capire come gestirmi, è un mondo interessante, dove c’è la possibilità di guadagnare di più, ma che spesso non offre libertà artistica».
Mi spiega che a rendere speciale Carlito’s Way hanno concorso diversi fattori. Innanzitutto, l’aver ricevuto carta bianca, come non succedeva da Mentre nessuno guarda. «E come in quel caso, dietro c’è sempre Island. Non vorrei esagerare, ma sembrano più illuminati rispetto ad altre major, spingono su questi progetti che nel loro piccolo in fondo sono sperimentali». Senza dimenticare che Tropico, con il suo profilo di autore, non necessita di apparire. Una rarità per un video pop, e un elemento che in potenza permette maggiore libertà creativa e un processo produttivo più rilassato.
«Fare un video senza la presenza dell’artista era un passo che volevo fare da molto tempo, e che mi potrebbe aprire una strada verso l’estero soprattutto, più che in Italia». Ma soprattutto la soddisfazione nasce dall’aver avuto controllo su tutto il processo produttivo: «sono riuscito davvero ad avere un’idea che dall’inizio alla fine non è mai stata snaturata. Nel videoclip si parte sempre con un’idea, poi si incrociano mille difficoltà produttive e si finisce con un lavoro che ha una parvenza dell’idea iniziale, vengono sottratti tantissimi elementi. In questo video invece non abbiamo cambiato quasi niente, alla fine è venuto proprio come me lo ero immaginato e per questo ci tengo tanto».
Questo anche perché l’input è arrivato dallo stesso Petrella: «Tropico si è detto essere un mio “fan”», mi riferisce con un pizzico di stupore, «si è messo lui in contatto con me e ci siamo subito trovati. Mi ha dato completa fiducia e anche una volta consegnato il video non ha chiesto nessuna modifica. Una cosa più unica che rara».
Il set
Una fiducia e una libertà creativa che hanno permesso di vivere meglio anche il set, dove non sono comunque mancate delle difficoltà. «Abbiamo girato in due giorni, o meglio un giorno e mezzo. Il primo giorno abbiamo girato solo il piano sequenza, c’avremo messo un’ora. Poi il secondo giorno tutta la parte con gli attori. La vera sfida è stata che c’erano 15 gradi e in acqua faceva freddissimo», ricorda il regista. «La troupe è la stessa di Mentre nessuno guarda. È un team di famiglia e devo davvero ringraziare tutti, in particolare il produttore Luca Degani, e naturalmente grazie anche alla Borotalco. Poi senza la presenza dell’artista, non c’era quella pressione, quella fiscalità che c’è solitamente sui set, quando devi tenere conto delle tempistiche dell’artista, non c’è la pressione del management. Indipendentemente dal rapporto che hai con l’artista, le sue sono le scene che nell’economia della giornata ti prendono più tempo». In questo modo l’ambiente sul set è stato più rilassato, più “cinematografico”: «sei tu come regista e i tuoi talent e li gestisci».
L’idea
Lo sviluppo dell’idea è stato abbastanza lineare. Dopo aver scartato una prima ipotesi che si ricollegava al finale del film Carlito’s Way («non mi piace fare citazioni palesi»), Colombi ha scritto il trattamento partendo dalla melodia: «l’ho visto come un pezzo molto malinconico, drammatico in alcuni punti. La canzone mi è piaciuta moltissimo e ho scritto di getto facendomi trasportare. L’unico elemento che ho preso dal testo è la nudità, che vi ritorna un paio di volte».
«Sono partito da quest’immagine: una donna sta camminando su una spiaggia, in un clima molto misterioso. Non vedi il suo viso, ma sai che ti sta accompagnando da qualche parte. Ci troviamo così davanti a un albero piantato su una spiaggia e ci sono degli sconosciuti che guardano qualcosa. Non sai cosa stanno guardando fino alla fine del video. L’intento principale era quindi di creare un clima misterioso, un po’ dark, da dove poi si apre in verità uno “spiraglio di luce” che ti accompagna nella storia dei due amanti».
Da qui in poi
Da come ne parla, si capisce che è stata un’esperienza piacevole e segnante, quasi di buon auspicio per il futuro. «È un passo importante, secondo me, che le major comincino a fidarsi e a spingere progetti come questo», osserva sul piano generale, mentre dal punto di vista personale aggiunge: «spero sia un punto di inizio a livello registico, per produrre più cose di questo livello, dove posso sperimentare un po’ di più. Purtroppo ultimamente il livello in Italia si è un po’ abbassato, e questo vale anche per alcuni miei video. Spesso dipende da fattori esterni alle produzioni e ai registi: i tempi di commissione, le richieste delle discografiche, gli artisti che hanno poca voglia di rischiare. Dovremmo pensare un po’ più in grande e prendere spunto da quello che si fa all’estero, ma non per scimmiottare male reference impossibili da riprodurre, come invece capita troppo spesso».
Questo ci offre lo spunto per affrontare anche il discorso del percorso carrieristico in Italia per un regista di videoclip. Un percorso per forza di cose completamente diverso rispetto ai paesi esteri di riferimento, in cui l’artista viene preso sotto l’ala di una casa di produzione, spesso con l’obiettivo di arrivare in pochi anni a dirigere spot internazionali. «In Italia le grosse commesse pubblicitarie non arrivano e i nostri brand quando hanno progetti fighi li fanno fare all’estero. Con queste premesse che ritorno ci sarebbe per una casa di produzione? Senza contare che da noi in generale non si sperimenta con le pubblicità e non c’è molta fiducia verso i giovani». A questo si aggiunge poi lo stigma che ancora colpisce i “videoclippari”: «il videoclip non viene mai visto come un prodotto di qualità, c’è un pregiudizio negativo verso chi arriva con quel tipo di portfolio».
Uno snobismo che si ricollega a una più generale assenza di interesse verso il videoclip: «è vero che in Italia non c’è la stessa considerazione per i video musicali che hanno all’estero, ma noi registi stiamo cercando di cambiare un po’ questa percezione, io e tutti i colleghi lottiamo con i denti per smuovere le cose. E negli ultimi quattro-cinque anni abbiamo fatto passi da gigante in termini di qualità».
Video e registi preferiti
La chiamata volge al termine, ne approfitto per chiedergli quali sono gli artisti di cui gli piacerebbe girare un video. «Italiani? Mi piacerebbe moltissimo girare un video per artisti come Joan Thiele, Calcutta, Andrea Laszlo De Simone», risponde.
Prima di chiudere gli chiedo chi apprezza di più fra i suoi colleghi, qui da noi e all’estero. «In Italia senza dubbio Ground’s Oranges», afferma prontamente, «mentre all’estero non saprei. È difficile perché poi i registi fighi fanno uno o due video all’anno. Il mio preferito comunque direi che è Farhad Gadheri, lo amo, è bravissimo, ha fatto un video con il protagonista di Mommy, Virtuous Circle, che è bellissimo. Poi ci sono tanti registi bravissimi in Francia, come Arnaud Bresson, Colin Solal Cardo e Alice Kong. Mi piacciono molto anche i video di Zachary Bailey per Jean Dawson, ma qui si tratta di una nicchia della nicchia…».
Credits video
Director — Enea Colombi
Actor & Actress — Salvatore Notaro, Annamaria Pieretti, Ludovica Bertucci
Production Company — Borotalco
Executive Producer — Matteo Stefani
Producer — Luca Degani
1st Assistant Camera — Giuseppe Torsello
Steadicam Operator — Andrea Agnisetta
Special Effects — Max Effects Sfx
Props Master — Giacomo Broggini
Stylist — Aurora Zaltieri
Fixer — Elia Bueloni (CESTHA)
Casting — Enrico Cestaro (PERSONA)
Label — Island Records
Commissioner — Federico Cirillo
Special Thanks — Giovanni Ficetola, Nada Mamish (Comune di Ravenna), Andrea Scarabelli (Proloco Lido di Dante), Andrea Vetralla, Roberto Minotti (Video Design), Alex Garelli, Sara Giannotti, William Montanari, Luciano Giatti, Marco Mura Alberti, Jacopo Grana, Cooperativa La Romagnola, CESTHA, COURAGE STUDIO