Fotoromanzi – Il classico senza classicismo, una rubrica di Alberto Beltrame
Cose inutili da fare, cose inutili da dire, quante cose inutili abbiamo nella testa e pure tanti videoclip discutibili nella carriera di Pino Daniele. Il suo rapporto con l’immagine video non è mai stato davvero degno di nota. La stragrande maggioranza dei suoi promo sono inquadrature su di lui mentre canta e/o suona intervallate da immagini varie e senza una vera logica narrativa.
Possiamo pensare al video di ‘O Scarrafone dove lo si vede cantare sul palco intervallato da qualche scenetta dei Trettré (oltre che da qualche sorriso di Heather Parisi) o a quello di Dubbi non ho. In altri video si fondono delle immagini di pellicole e la figura del cantante, per esempio Cry e Jesce Juorno. Qualche volta, e sempre più nel prosieguo della sua carriera, prova a metterci dentro una storia come in Sara, Pigro, Tempo di cambiare, Che male c’è o Boogie boogie man, ma senza creare qualcosa di maturo a livello stilistico.
Semplicemente, Pino Daniele non ha mai davvero dimostrato interesse per il videoclip, come d’altronde è stato per la maggior parte dei cantanti della sua generazione. Un’eccezione in questo senso è stato Lucio Dalla, che proprio nella strade della Napoli di Pino Daniele ha girato uno dei suoi video più significativi e ricordati, ovvero quello di Canzone.
Eppure Pino Daniele un certo rapporto con l’immagine lo ha avuto nella sua carriera. Sono diverse le pellicole per le quali ha scritto la colonna sonora, trent’anni di collaborazioni con il cinema da La mazzetta di Sergio Corbucci (1978) a La seconda volta non si scorda mai di Alessandro Siani (2008). E soprattutto le musiche scritte per i film di Massimo Troisi.
Proprio nel giorno in cui Pino Daniele avrebbe compiuto 66 anni (il 19 marzo 2021) vengono fatti uscire i video ufficiali di Quando e ‘O ssaje comme fa ‘o core, canzoni scritte appositamente per la colonna sonora dell’ultimo film da regista di Troisi Pensavo fosse amore… invece era un calesse, uscito trent’anni fa e mai pubblicati prima. Entrambi i video sono diretti da Giacomo De Simone e sono stati resi disponibili dopo tanti anni grazie al lavoro di recupero e digitalizzazione dei nastri analogici da parte della Pino Daniele Trust Onlus.
Anche questi due video rientrano nelle categorie prima accennate a riguardo della videografia di Pino Daniele. Quando è il tipico video dove vengono intervallate immagini di lui che suona e canta a spezzoni di film, mentre ‘O ssaje comme fa ‘o core cerca di abbozzare una storia, con protagonista lo stesso Troisi (che tra l’altro è l’autore del testo, o meglio la canzone fu composta a partire da una sua poesia).
Ma al di là di questo, l’uscita dei due video è un tassello aggiuntivo della collaborazione tra i due, che per il cinema inizia già con la prima pellicola di Troisi Ricomincio da tre, per poi proseguire in Le vie del signore sono finite e il già citato Pensavo fosse amore… invece era un calesse: rispettivamente il primo, il penultimo e l’ultimo film da regista di Massimo Troisi. Infatti per il celebre Il postino non verrà accreditato come regista, pur essendo stato il film della sua vita, da lui voluto, scritto e per il quale donò letteralmente i suoi ultimi sospiri (morirà poche ore dopo la fine delle riprese).
Pino Daniele e il cinema di Massimo Troisi. Un cinema un po’ dimenticato, per alcuni versi sottovalutato e per altri fin troppo sopravvalutato. Un cinema senza dubbio peculiare, un cinema che spesso è puro teatro filmato ma che sa sorprendere con momenti eccelsi. Rivisto a distanza di anni, quando il suo napoletano non è più così “ribelle” e la sua comicità meno fresca, può essere riletto sotto tutt’altre chiavi di letture ed essere riscoperto come un cinema che ha saputo come pochi parlare dell’incomunicabilità, della solitudine nella moltitudine, dell’incapacità di capire l’amore e le relazioni tra le persone. La sensibilità di Troisi che fa da filtro a tutti gli stereotipi con cui lui stesso ha lottato tutta la vita e attraverso la messa in discussione dei quali ha creato la sua poetica: la napoletaneità, l’amore, la comicità.
Tutti volevano da Troisi dei film che facessero ridere e lui in cambio donava saggi forse fin troppo fraintesi sulla difficoltà delle relazioni umane, sull’incapacità di sbarazzarsi della maschera che ognuno crea di se stesso, sulla tragedia eterna della comicità come sola forma di messa in discussione della ripetitiva e banale quotidianità. In qualche modo tutti i film di Troisi finiscono “male”, in una maniera inaspettata e sempre dando spazio a una profonda tristezza esistenziale.
La scena finale di Pensavo fosse amore… invece era un calesse – senza dubbio il suo momento cinematografico più alto – mette in dubbio ogni certezza sulla vita e sull’amore, così come quello sguardo keatoniano sull’“amore ritrovato” di Le vie del signore sono finite: ritrova l’amore della sua vita nella lontana e magica Parigi, l’amore per il quale ha sofferto e lottato e proprio in quel momento emergono ancora più forti i dubbi sull’amore stesso, sul futuro e su una esistenza già scritta proprio come nel finale di Sherlock Jr. di Buster Keaton.
Che poi Troisi faccia sempre lo stesso finale cambiandone qualche sfumatura lo sappiamo tutti (Scusate il ritardo finisce più o meno nello stesso modo di Pensavo fosse amore… invece era un calesse anche se in maniera meno raffinata), ma non per questo smette di sorprendere per la sua delicata spietatezza nel contesto della comicità italiana dell’epoca. Come d’altronde spietato fu il suo destino, con quel corpo così fragile fin da ragazzo e quella morte prematura come destino già scritto e sempre saputo. Un destino su cui non solo seppe scherzare ma che rese immortale con Morto Troisi, viva Troisi!, piccolo grande film scritto per la Rai nel 1982 in cui ironizzava ma non troppo sulla morte di un comico come morte della comicità.
E in tutto questo la musica di Pino Daniele chiamata a fare da collante per un cinema forse grezzo, fin troppo teatrale ma che anche attraverso la musica diventava in qualche modo unico. Ma abbiamo già detto come in realtà, al di là della collaborazione con Troisi e altri film, Pino Daniele abbia dato ben poco spazio all’immagine, almeno nel cotesto della promozione alla propria musica. Per lui l’importante era focalizzarsi sulle canzoni e sulla sua figura di musicista, proprio per questo un video come quello di Io per lei è forse quello che più lo rappresenta: uno sfondo interamente bianco per non poter dare all’occhio nessuna distrazione dal cantante, la sua chitarra e la loro relazione quasi ossessiva, un tutt’uno tra musica, corpo e strumento.
Eppure esplorando la sua videografia possiamo notare almeno un prodotto diverso, fatto con maggiore ricerca e di una qualità superiore. Parliamo del video di Cosa penserai di me diretto Marco Salom nel 1999, regista che ha lavorato per tantissimi anni con i più importanti cantanti italiani (tra tutti Ligabue, Ramazzotti, Tiziano Ferro, Laura Pausini, Articolo 31) e ha curato la regia anche di due video di Pino Daniele (l’altro è Neve al sole).
Ovviamente anche in questo video il nostro caro Pino non rinuncia a farsi riprendere mentre suona la sua chitarra, però questa volta il contesto è del tutto diverso. Pino Daniele è un personaggio all’interno di un ingranaggio narrativo da “falso piano sequenza” dove si utilizzano, anche se in maniera più artigianale, gli stessi stratagemmi che usò Hitchcock nel suo Nodo alla gola per dar l’impressione di una fluidità costante della storia.
Dal caffè della mattina fino all’ultimo della sera, nell’ennesima storia di “quasi amore” – questa volta tra un cantante di strada cacciato dai vigili per disturbo alla quiete e una cameriera che per tutto il giorno lo ha aspettato per poterci parlare. Il miglior videoclip della carriera di Pino Daniele è un bianco e nero delicato e senza eccessi malgrado la presenza chiave della camera che cerca i personaggi, che vuole spiare senza intromettersi, che racconta senza indirizzare gli eventi: il miglior videoclip della carriera di Pino Daniele è la quintessenza del cinematografo.
Che poi, vabbè, alla fine tutti ricorderanno Pino Daniele solo per il suo legame con Napoli, un po’ come si fa per Troisi, e tutto il resto passa a torto sempre in secondo piano. D’altronde, un Pino Daniele che canta per lo scudetto del Napoli, con Maradona che balla e tutta la squadra del 1990 che canta è forse più potente di qualsiasi videoclip potesse essere girato. Quintessenza del cinematografo o no.