Il viaggio di Daniel Bedusa (Land Ho) dentro il sogno americano, fra gli humans of New York, prosegue con il video di Fuori Corso, girato per Nuvolari. Il videoclip è il seguito ideale di Monolocale, clip di Galeffi che raccontava di Gene Di Napoli, un italoamericano che sembrava un personaggio di un film di Scorsese (e a quanto pare vi aveva fatto la comparsa in alcune pellicole) e che si guadagnava da vivere come sosia di Elvis Presley.
Fuori Corso è invece incentrato sulla figura di Tony Loupakis, lottatore greco che da oltre quarant’anni guida una scuola di arti marziali a New York. Bedusa lo segue in una giornata tipo in palestra, accompagnato da una piccola allieva, estetizzandola con alcuni interventi artistici fino al divertente finale sui titoli di coda, dove mette in scena una breve sequenza da film d’arti marziali.
Il sogno americano, dicevamo, ma in un perfetto equilibrio di sereno distacco e nostalgia. Del resto l’America è il grande elemento di fascinazione in queste storie, ciò che le scaturisce, ma il vero protagonista è il tempo passato. Quasi verrebbe da dire si tratti della nostalgia di un sogno che Bedusa cerca di (ri)vivere per interposta persona. Abbiamo raggiunto il regista per scambiare due parole sul suo lavoro.
Come sei arrivato a New York e da quanto ci vivi?
Vivo a NY da quasi 3 anni, ci sono arrivato in occasione di un lavoro da producer, ma più che altro per spuntare una voce della mia lista delle cose da fare nella vita. In realtà è stato un ritorno perchè avevo già vissuto qui a vent’anni per studiare film making, questo mi ha permesso di smarcare velocemente il dis-orientamento iniziale focalizzandomi fin da subito, insieme al mio socio Danilo (Bubani, ndr), nell’immaginare Land Ho in questa seconda “casa”. New York ci dà l’opportunità di sperimentare diversi approcci, di allargare il nostro network e di imbatterci quotidianamente in storie affascinanti come quelle di Gene e Tony, il cuore degli ultimi due video prodotti qui.
Come hai lavorato a questo videoclip specifico, come hai sviluppato il concept e a livello produttivo come hai girato (budget, tempistiche, collaborazioni ecc)? Soprattutto in relazione alla musica, da cui il lavoro sembra poter prescindere tranquillamente, un po’ come in Monolocale.
E’ stato possibile grazie alla base di produzione creata qui, “Land Ho – New York” appunto, nella quale ha un ruolo chiave Daniele Sarti, direttore della fotografia a NY da molto piu tempo di me, possiamo dire di avere messo su una crew d’acciaio e super rodata. Il vantaggio di questa doppia dislocazione è duplice, poter proporre a clienti USA un prodotto sartoriale italiano e dare alle etichette in Italia la possibilità di avere video girati a New York, opzione che molto spesso per questioni di budget e fattibilità verrebbe esclusa.
Con Fuori corso di Nuvolari abbiamo cercato il solito compromesso tra quello che vorremmo fare e quello che possiamo fare, e in quel punto tentiamo la magia. Quando ho incontrato Tony Loupakis sapevo che c’era una storia da raccontare, questa sensazione provoca sempre in me un’urgenza che trova espressione nei miei video. Per quanto possa sembrare che il video prescinda dal brano, presenta con un contrasto intenzionale Tony Loupakis che è senza dubbio un personaggio “fuori corso” rispetto alla realtà in cui viviamo, che a 85 anni salta e lotta come un ragazzino, larger than life come l’America lo vuole.
A proposito di Monolocale, questo video ne sembra quasi un seguito per affinità tematiche. Prima di entrare sul contenuto, mi chiedevo se tu vedi questi due lavori come contigui, se li hai pensati insieme, quanto insomma questo legame fra i due clip sia volontario.
Credo sia sensato associare Fuori corso a Monolocale, sono entrambi scorci di New York, che riconosco molto di più nei personaggi di questi video che nello skyline di acciaio. Tecnicamente l’approccio è lo stesso, raccontare storie vere è una garanzia di autenticità. Gene Di Napoli è davvero una comparsa di mafia movies di serie B e Tony Loupakis è maestro di arti marziali e proprietario della storica Loupakis Gym di Astoria nel Queens. Ovviamente le scene sono scritte e recitate ma il fatto che i protagonisti interpretino se stessi aggiunge uno spessore a mio parere ineguagliabile con l’artificio.
Forse lo dico ogni volta che chiudo un progetto, ma vorrei girane subito un altro. Mi piace l’idea di una trilogia che raccolga la memoria di una New York che sta sparendo, raccontata in questo periodo folle che sembra sospeso nel tempo.
C’è già in cantiere un terzo capitolo di questo videoclip-documentario?
No al momento no. Stiamo lavorando su un paio di produzioni da girare a febbraio, ma per il terzo capitolo legato a NY aspettiamo la proposta giusta.
Come ti avvicini ai personaggi? Come li hai scoperti Gene e Tony e quanto tempo hai passato con loro prima, durante e dopo aver premuto il tasto rec?
Gene l’ho scoperto attraverso una casting call fatta qui a NY, una volta ricevuto il suo profilo sono andato immediatamente a conoscerlo e quella giornata spesa a casa sua, nella little Italy del Bronx, me la porterò sempre nel cuore. Mentre per quanto riguarda Tony, sono passato casualmente davanti alla sua palestra e appena entrato, sono stato accolto dall’intera famiglia Loupakis. Tony ha 4 figli, tutti atleti eccellenti, due dei quali nel finale del video recitano la parte dei delinquenti che lo attaccano. Prima dei video passo almeno una giornata con loro a chiacchierare, credo che sia un compito fondamentale cercare di costruire un rapporto sincero ed autentico con persone della quale si vuole raccontare un frammento di vita.
Si tratta di due video dall’approccio documentario, ma dove l’intervento artistico e la scrittura hanno un ruolo rilevante. Come hai sviluppato la sceneggiatura di questi lavori? Ovviamente è anche il frutto di una collaborazione con Danilo Bubani, co-sceneggiatore e art director di entrambi i lavori, puoi dirci qualcosa sulla vostra metodologia di lavoro collaborativa?
Con Danilo ormai siamo soci da 6 anni, la collaborazione è naturale ed organica, lui copre i miei buchi ed io copro i suoi, di solito uno dei due tira giù una prima bozza dell’idea e l’altro la arricchisce e rifinisce. La fortuna è che ci piacciono le stesse cose, abbiamo riferimenti estetici molto vicini e quindi le scelte si completano in maniera coerente, entrambi facciamo tantissima ricerca e quello che rimane sul tavolo ha di volta in volta un sapore nuovo, pur uscendo dalla stessa cucina.
I due videoclip sono accomunati da due temi principali: il sogno americano e la vecchiaia. Inoltre Gene è un figlio di emigrati, facente parte di una comunità fortemente identitaria, Tony è invece un immigrato tout court e in un certo senso mi sembra che in questo la loro storia si incrocia con la tua. Cosa rappresenta allora per te l’“America” e in che modo la tua idea di America si ritrova o meno in quella di Gene e Tony?
Non ti so dire se la mia idea di America si sposa con la loro. Loro hanno vissuto l’America da immigrati in un’altra epoca, quando il sogno americano era vivo e presente e tutto sembrava possibile. L’America in cui sono arrivato io è molto diversa, per non parlare poi di come sia oggi durante la pandemia.
Io sono figlio ebrei libici emigrati in Italia durante la Guerra dei sei giorni, forse anche per questo restare in Italia tutta la vita non l’ho mai considerata come l’unica opzione valida, ho sempre pensato che si debba uscire dalla propria comfort zone per crescere da ogni punto di vista: artistico, lavorativo, umano. E’ questo che rappresenta l’America per me, una sfida, una tappa, d’altronde qui dicono che chi sopravvive a NY può sopravvivere in qualunque altra città.
Un altro tema su cui si focalizzano entrambi i lavori è la vecchiaia, declinato secondo vari motivi, dal decadimento del corpo alla messe di ricordi evocata dai materiali di archivio, siano essi un film del matrimonio, delle vecchie foto oppure poster e copertine di riviste alle pareti. Da cosa nasce questo tuo interesse per dei personaggi in là con gli anni?
In realtà non è voluto ma è “capitato”. Ero in cerca di storie che mi permettessero di raccontare pezzi di NY, frammenti di esistenza in questa citta che ha migliaia di anime e vestiti. Le personalità di Gene e Tony mi hanno colpito particolarmente, in entrambi c’è una componente di malinconia che su di me esercita un fascino irresistibile. Per Gene il sogno sempre più lontano di diventare una star, per Tony il ricordo di un corpo indistruttibile che ora lentamente lo abbandona, per questo dedica la sua vita a passare la sua esperienza ai più giovani.
Questi due video mi hanno portato a riflettere sulla loro generazione, in alcuni momenti mi è sembrato di avere l’ultima occasione per raccontare questo sentimento preciso, tenace e tenero allo stesso tempo. Spero tanto che noi da vecchi saremo una storia che vale la pena raccontare.
Un ringraziamento a Nicola Marceddu per aver collaborato a questa intervista.
Credits
Produced by Land Ho Ny
With Tony Loupakis and Melina Peletis
Directed by Daniel Bedusa
Write by Danilo Bubani e Daniel Bedusa
Cinematography Daniele Sarti
Art Direction Danilo Bubani
1st AC Richard Martin
Gaffer Phil Cheney
Grip Joe Kickbush
Swing Daniella Tudela
PA Sam Burstein
Edit Daniel Bedusa
Sound design Maurizio Bergmann
Color Forger Tv (Brett Price)
Set Photography Alex Contell
Graphic Design Alessandro Becattini
Thanks to
Loupakis Athletic Center Team
Elefant Films
Fatking Films
Rossana Pontieri
Peter Loupakis
Costas Loupakis