Ultima classifica (promesso!) sui videoclip del 2020. Questi sono i miei 20 videoclip italiani preferiti. Forse. In attesa di cambiare di nuovo idea. Abbiamo già detto di molti di questi video in quest’altro pezzo, pertanto mi limito ad aggiungere solo alcune brevi considerazioni sparse.
1 Mecna – Mentre nessuno guarda (Enea Colombi)
Miglior video dell’anno per ambizione, per ciò che rappresenta a livello produttivo e per il risultato. Ellittico e lirico: Colombi racconta l’estate della vita, un racconto di formazione sentimentale.
2 Yosh Whale – Nilo (Franap, Chiara Lombardi)
Ogni anno dal nulla fioriscono questi videoclip italiani che non ti aspetti, proprio un gioiellino.
3 Gregorio Sanchez – Dall’altra parte del mondo / Frisino – Geranio (Marco Santi)
Marco Santi regista dell’anno? Marco Santi regista dell’anno.
4 Eugenio in Via Di Gioia – Tsunami (Raoul Paulet)
La situazione è questa: uno dei migliori videoclip italiani l’ha diretto un francese.
5 Deriansky – Qholla (Bruno Raciti, Giorgio Cassano, Nic Paranoia)
Fra le apparizioni più angoscianti e insieme sorprendenti dell’annata rap, Deriansky si è fatto notare per due videoclip di forte impatto: sotto la superivisione artistica di Nic Paranoia, sono usciti Team Crociati (diretto da Giorgio Cassano) e Qholla (sempre diretto da Cassano, assieme a Bruno Raciti).
Il primo è soprattutto un lavoro di montaggio, che parte da un setting di periferia – il cavalcavia pedonale, la campagna limitrofa ecc – per svilupparsi in un blob di immagini eterogenee, fuse in un susseguirsi di effetti digitali che ci riportano infine in un parcheggio semi vuoto illuminato dai lampioni.
Qholla è invece un promo più elaborato sul piano del girato, grazie all’intervento di Raciti, dove comunque i nostri non lesinano in interventi mixed media e con interruzioni audio. Il clip segue l’artista nei panni di un attacchino intento a pubblicizzare il proprio singolo con un poster – del resto è pur sempre un videoclip -, un lavoro che, nonostante la sua applicazione ossessiva, o forse proprio per questa, non viene affatto svolto con efficienza, anzi: coperto da capo a piedi, Deriansky sembra quasi un astronauta perduto in provincia (scena migliore: lui che sferra pugni nel vuoto tra l’erba alta al centro di una rotatoria abbandonata) e incapace di funzionare nella società finisce per spararsi della colla in vena sotto un ponte.
La musica (la qholla) è quindi l’unica alternativa alla droga e all’autodistruzione, che a loro volta sembrano le uniche vie di fuga logiche nel mondo assurdo in cui Deriansky si muove. Un mondo che non è altro che una zona industriale di qualche capoluogo di provincia del Nord Italia, un luogo di soffocante grigiore, disagio e solitudine. Uno dei lavori più originali, duri e interessanti del 2020.
6 Bartolini – Sanguisuga (YouNuts!)
Quanti video hanno girato gli YouNuts quest’anno? Celaia e Usbergo riescono sempre a produrre lavori adatti ai loro committenti, che si fanno sempre più “grossi” e proporzionalmente imbolsiti (un nome su tutti? Ligabue). Va da sé dunque che a fronte di un livello medio adatto al mercato, siano però pochi i loro videoclip capaci di spiccare. Quest’anno sicuramente è il caso di Sanguisuga, lavoro realizzato guarda caso per un artista emergente, dove l’idea giusta è sviluppata perfettamente senza rinunciare ai propri stilemi (l’immancabile nostalgia per il video, innescata dai synth cicciotti su cui si apre il brano).
7 Nayt – Musica Ovunque (Francesco Calabrese)
Come un fulmine a ciel sereno, nell’ultimo mese dell’anno è uscito questo video. Uno dei pochissimi lavori italiani a prendersi un sacrosanto Staff Pick su Vimeo. Di un altro livello prorpio.
8 The Zen Circus – Come se provassi amore (Trilathera)
Anche la videografia dei Trilathera soffre di alti e bassi dovuti alle committenze. Qui per i The Zen Circus firmano forse il loro lavoro migliore: su atmosfere horror, raccontano di un operaio alienato, ossessionato dalla fotografia e perseguitato dal proprio riflesso e dalla propria ombra. Il duo allarga così una riflessione, quella di Appino e soci, sui ricordi e la memoria al complicato rapporto con l’immagine di sé: un horror in cui i fantasmi sono le fotografie e che si chiude con un urlo disperato e muto.
9 C’mon Tigre feat. Mick Jenkins – Underground Lovers (Marco Molinelli, Gianluigi Toccafondo)
Viaggio notturno in una Tokyo ancor più allucinata del solito grazie al tratto e ai colori di Toccafondo. Come sono fluide le transizioni animate, così ci appaiono le identità dei due protagonisti: uomo e donna, amanti urbani intrappolati in un gioco di maschere lisergico, che diventa lotta dei sessi e, infine, fallimentare lotta con sé stessi.
10 Madame – Baby (Martina Pastori)
Ancora l’horror, evocato questa volta dal dvd di Scream e da un paio di canini vampireschi. Pastori se ne serve intelligentemente mentre finge di raccontare la giornata quasi banale di due adolescenti e invece parla del maturare dei corpi, il prenderne coscienza, la scoperta della propria sessualità.
11 The Zen Circus – Appesi alla luna (Zavvo Nicolosi, Giovanni Tomaselli)
Lanthimos a Catania (ma Catania non esiste).
12 Lucio Corsi – Freccia bianca (Tommaso Ottomano)
Lucio Corsi e Tommaso Ottomano campioni italiani di stile.
13 David Blank feat. PNKSAND + ilromantico – Foreplay (Delia Simonetti)
Rara sintesi di urgenza ed eleganza.
14 Germanò – Matteo non c’è (Danilo Bubani)
Mi immagino Bubani dal suo analista parlargli di questa ossessione per i mostri verdi. Scherzi a parte i suoi video sono sempre una gioia per gli occhi e il livello cresce ad ogni uscita, sintomo di una cura ossessiva per i dettagli.
15 Ghali – Barcellona (Giulio Rosati)
Ghali e Rosati hanno fatto davvero le cose per bene. Barcellona è nettamente il lavoro migliore, esce dagli schemi del solito video rap per raccontare una bella storia d’amore.
16 Galeffi – Monolocale (Daniel Bedusa)
Bedusa è riuscito a trovare un personaggio incredibile negli States, ritraendolo in un equilibrio perfetto di leggerezza e malinconia.
17 Reminore – Sonno + Inseparabili + Suchende (Manuel Tatasciore)
Una strana trilogia, fatta con economia di mezzi – in cui si è inserita anche la pandemia, si veda il video di Inseparabili – da parte di un regista versatile (volete qualcosa di pop e fresco: Dimmi come fare, lo faccio), il che invita a prestare ancora maggiore attenzione.
18 Generic Animal – Nirvana (No Text Azienda)
Il videoclip, ma è la reclame di un dentifricio. Girato però dai No Text Azienda. Il testo che cambia temporalità nel giro di mezzo verso, lo ribalta, ne sposta il senso, anticipandolo in avanti, come fosse un flusso di coscienza pensato a ritroso. Così è lo spazio del set: tra un bagno di feltro, una bocca con i denti grandi quanto uomini, la quarta parete attraversata tre quattro volte con disinvoltura. Un videoclip dank.
19 Diamine – Via del Macello (Marco Brancato)
Brancato forse segue un po’ troppo le lyrics, ma questo lavoro rapisce per la scelta dei colori e la coesione con la musica (della gommosità del ritornello).
20 Blanco – Notti In Bianco (Simone Peluso)
La botta dei sedici anni.
BONUS Lockdown: Indian Wells feat. Soul Island, Andrea Rizzo – The Outside (Gianvito Cofano)
Da qualche parte sicuramente hanno eletto “lockdown” come parola dell’anno. E il videoclip, che non di rado commenta l’attualità all’istante, questo strano anno segnato dal confinamento lo ha raccontato in forme molte diverse (per una sintesi potete dare un’occhiata a questo video realizzato da David Knight e Rob Ulitski di Promonews). Tra tutti i video italiani sul tema, quello che mi sembra aver centrato meglio il punto è The Outside (in effetti già il titolo vi si prestava). Gianvito Cofano ci mostra la protagonista Riwa Baroud in un progressivo delirio indotto dalla routine e dalla clausura, in cui dovrà imparare a convivere – letteralmente – con sé stessa. Lo racconta attraverso un espediente semplice e all’apparenza banale, ma quanto mai centrato. Là fuori c’è una luce (strobo) che la attende: un rave dove lasciarsi andare e dimenticare, per un momento almeno, chi siamo.