5 Woodkid – Goliath (Yoann Lemoine)
Yoann Lemoine va considerato sicuramente fra i grandi registi degli anni Dieci: è un ammirabile compositore di immagini potentissime, destinate a incidersi a lungo nella memoria dello spettatore. Torna al videoclip per presentare il suo ultimo lavoro discografico (Woodkid è il suo nome d’arte musicale), confermando il suo talento con un promo di indubbio impatto visivo. Il protagonista di Goliath è un minatore che rimane impressionato, completamente sotto choc, davanti a una grande macchina estrattiva: il suo turno di lavoro diventa un viaggio allucinato verso un impianto di raffinazione, dove qualsiasi àncora di realismo si perde davanti alla visione onirica e spaventosa di una fornace da cui emerge un golem di lava. Il tema è quello dell’alienazione, della mostruosità del capitalismo, ma anche quello della catastrofe ecologica, inscindibili uno dall’altro, che qui appaiono in tutta la loro forza davanti al piccolo protagonista, novello David. Tematiche ampiamente affrontate e raccoontate, ma proposte in una maniera tagliente ed estremamente spettacolare. (A R)
4 Mild Minds feat. Boats – Walls (Colin Read)
Nella logica ambigua dello spazio, l’unica certezza è la separazione. Una divisione tra zone diverse nell’atto dell’attraversata e nella memoria del vissuto. Sono “muri” ciò che costringono lo spazio a mutare e le persone ad adeguarsi ai nuovi pericoli. La struttura del video di Colin Read ci obbliga a riflettere sul tema della “differenza”, sul rapporto ostile tra culture e passaggi nel momento del cambiamento, sul tema eterno della migrazione dei popoli e della cecità di chi vuole ostacolarli. Un complicato lavoro di montaggio ed effetti speciali per raccontarci il semplice ma brutale smarrimento dell’individuo costretto all’eterno viaggio. (A B)
3 Idles – War (Will Dohrn)
A risvegliarci dal torpore di mesi trascorsi nell’incertezza, alla fine dell’estate 2020 è arrivato il bellissimo video di War, brano degli Idles dal testo tagliente come una lama. Siamo in una guerra costante, ci urla Joe Talbot (facendoci anche sentire i suoni onomatopeici della battaglia), una guerra che ci manda all’inferno in ogni momento della nostra vita combattuta tra tentativi di sfangarla, di lavorare, di amare, di curare e curarci, di divertirci nonostante tutto. (D N)
2 Active Child – Color Me (Martin De Thurah)
Color Me è un incubo in bianco e nero in cui una donna è posta a confronto con ansia, depressione, paura, disturbo mentale. Un viaggio angosciante eppure placido – il ritmo è quello spesso contemplativo di De Thurah, che lentamente esplora uno spazio mano a mano più metafisico -, che penetra nell’abisso interiore per guardarlo in faccia. Qui non vi è solo disperazione: di fronte al buco nero, la protagonista brucia come un meteorite, illuminando come una fiaccola la profondità di una gola e infine interrogandoci direttamente con uno sguardo in camera nell’enigmatico finale. Penetrante come un quadro espressionista, sublime come un’incisione romantica: una delle visioni più raggelanti da anni a questa parte. (A R)
1 Ayia – Easy (Salomon Ligthelm)
Il monolite nero, che tanti dibattiti ha suscitato nella cinefilia di oggi e di ieri, ritorna come d’incanto in auge per quello che è il miglior videoclip del 2020. D’altronde era lecito pensarlo visto quella strana apparizione nel deserto dello Utah e in un anno assai particolare come quello che ci lasciamo alle spalle. Un anno così segnato da misteriose apparizioni (virus, mascherine, virologi in tv) e dalla grande aura d’incertezza che ci avvolge tutti nei confronti del nostro futuro. L’eterno enigma kubrickiano sulla conoscenza e sul suo ruolo nell’evoluzione e creazione dell’essere umano, si trasforma qui in un enigma suggestivo sull’immagine: la spazialità dell’infinito, l’immensità della gamma dei colori, il ricordo della pellicola e l’onnipotenza del digitale. E poi il rapporto tra l’immagine e il suono – ciò che rende unico il dispositivo nell’atto di esistere come promo musicale – che vengono torturate e stremate, in modo da portare queste due componenti al limite delle loro potenzialità: l’elegia e la poesia visiva. (A B)