Persone che ci hanno lasciato nell’anno 2020:
Stern David, Jones Terry, Bryant Kobe, Steiner George, Douglas Kirk, Spinazzola Vittorio, Suor Germana, Von Sydow Max, Rogers Kenny, Mura Gianni, Arbasino Alberto, Bosè Lucia, Uderzo Albert, Withers Bill, Novelli Luigi, Moss Stirling, Lauro Franco, Di Carlo Francesco, Sepúlveda Luis, Schneider Florian, Richard Little, Scalise Gregorio, Piccoli Michel, Bosso Ezio, Simoni Luigi, Sloan Jerry, Ubbiali Carlo, Unseld Wes, Donés Pau, Tippett Keith, Giorello Giulio, Webb Charles, Lynn Vera, Corso Mario, Schumacher Joel, Morricone Ennio, Saxon John, De Havilland Olivia, Parker Alan, Zavoli Sergio, Valeri Franca, Romiti Cesare, Daverio Philippe, Peacock Gary, Menzel Jiří, Luzzatto Amos, Vicario Marco, Bruno Edoardo, Chapman Michael, Rossanda Rossana, Lonsdale Michael, Gréco Juliette, Quino, Van Halen Eddie, De Laurentiis Gianfranco, Cerruti Alfredo, Davis Spencer, Connery Sean, Proietti Gigi, Santagata Marco, Kaplan Nelly, Maradona Diego Armando, Silvestre Flor, Nicolodi Daria, Giraldi Franco, Giscard d’Estaing Valéry, Menapace Lidia, Rossi Paolo, Kim Ki-Duk, Le Carré John.
Persone che, chissà il prossimo anno, ma anche per quest’anno niente:
Berlusconi Silvio.
Nell’anno 2020 di nostra vita: un’influenza da niente, anzi, poco più che un’influenza. E poi tutti chiusi in casa. Qualche attentato qua e là, un paio di esplosioni e camion militari che trasportano bare. Poche feste e pagate tutte a prezzi d’inflazione. Molte autocertificazioni che, ovviamente, mai nessuno controllerà e tutti quei bei propositi d’inizio anno che, tra virus e pigrizia, sono rimasti tali. Un anno da ricordare: non c’è dubbio. Un anno da dimenticare: non c’è dubbio. Un anno come non si era mai visto, di certo curioso, e forse questa curiosità ce la saremmo anche evitata volentieri. Eppure in un anno così c’è stato pure il sogno, ovviamente infranto, che l’Atalanta potesse vincere la Champions League e che i Lakers potessero non vincere la Nba (anche se nell’anno della morte di Kobe fa pure piacere). In un anno così potevamo aspettarci qualsiasi cosa perché tutto sembra aver superato le nostre fantasie. E i sostenitori di Donald Trump sono convinti che sia ancora lui il presidente degli Stati Uniti. Ad un certo punto, poi, si era sentito pure di qualche politico tedesco che si complimentava con l’Italia dicendo che era stata un modello: un anno così non si ripeterà.
Per il sottoscritto è stato l’anno in cui, finalmente, ho letto Cent’anni di solitudine di Garcia Marquez e l’ennesimo anno in cui non ho letto né Musil né Proust. David Foster Wallace e Joyce sono lì che aspettano e ancora tanto aspetteranno, almeno fino a una eventuale terza ondata. Eppure, anche se per ragioni lavorative, questo è l’anno in cui mi sono rivisto praticamente tutto Hitchcock e Godard, mezza filmografia di Don Siegel, una cinquantina di film giapponesi, altrettanti russi – tutti rigorosamente muti – e l’integrale dell’amato Buñuel. Tante serie interessanti, Devs, Years and Years e Tales From The Loop su tutte, e anche qualche bella sorpresa musicale. Ma mica ci metteremo a parlare di musica qui? Non scherziamo. E allora potremmo anche ricordarlo come l’anno in cui la gente si è accorta che forse, dico forse, questo modello capitalista non regge poi molto se un piccolo virus e qualche tempo d’inattività fa crollare tutto il sistema. L’anno in cui ci si è accorti che esistono pure i poveri, quelli che una casa nemmeno ce l’hanno (“state a casa, che bello stare a casa”, per chi c’è l’ha) e tutti gli immigrati che raccolgono pomodori a due euro all’ora mentre tutti noi stiamo a casa, perché noi l’abbiamo una casa, a mangiarli.
Julio Cortazar in Rayuela scomponeva i pezzi, creava una nuova frontiera per la lett(erat)ura. Giocava con le parole, con lo spazio e il tempo, con l’idea stessa di narratività e linearità. Confondendo i confini della scrittura aveva saputo come pochi mostrarci una strada nel caos della vita, attraverso lo stesso caos del vivere. E questo 2020 forse dovremmo rileggerlo in quel modo. Cercando di non capirci poi tanto. Che, tanto, poi non ce n’è da capire. Dovremmo pensare meno, in quest’anno che fin troppo tempo abbiamo avuto per pensare. Dovremmo forse collezionare tutti i frammenti di sogni non più sognati e di momenti non vissuti, le riflessioni solitarie e tutte le litigate da sbronzi che ci siamo evitati. E poi sigillare questa collezione e sistemarla in qualche spazio remoto della nostra memoria: ci sarà un giorno in cui potremmo pure riderci sopra. Ma per ora ci restano solo frasi vuote nelle nostre teste, senza sosta, e simboli di un tempo perduto. E poi, vabbè, qua e là in questo scritto anche i migliori videoclip dell’anno secondo me. Concludo con uno scontato, e mai così semplice da farsi, augurio per un buon 2021 a tutti, che peggio dell’anno appena passato…
Nelle pagine successive le top 20 dell’autore proposte per la classifica di redazione