Fotoromanzi – Il classico senza classicismo, una rubrica di Alberto Beltrame
Dopo una prima fase leggendaria nell’underground italiano e una seconda da protagonisti della scena rock, alla fine del 1994 esce Spirito e detta, come da titolo del precedente album (live), un deciso “colpo di coda” nella carriera del gruppo.
Nel primo disco in studio pubblicato dalla EMI, i suoni si fanno molto meno duri e i testi generalmente più allegri e spensierati. Proprio questa nuova “leggerezza” è al centro del video della title track, per la realizzazione del quale viene chiamato Ambrogio Lo Giudice, uno dei registi più importanti in Italia nell’ambito della videomusica.
Un po’ di vento e un fischiettare soave risvegliano lo “spirito” di Piero Pelù che levita e comincia il suo viaggio aereo sopra la città di Firenze. Seguono a ruota tutti gli altri “spiriti” dei componenti della band, ognuno per conto suo ma a ritmo della musica. Come spesso accade basta una sola, piccola e riuscita idea per dar vita a un grande videoclip. Così, grazie anche all’impeccabile scelta del bianco e nero, i Litfiba danno vita al loro videoclip più conosciuto.
Dallo stesso album viene realizzato un altro promo molto interessante, ovvero quello di Lo spettacolo. Per questa canzone che vede, a differenza di molte altre del disco, una solida base rock, viene scelto di creare un video che fonde animazioni e riprese, il tutto ad un ritmo molto sostenuto. Questa volta sono il colore e i giochi con la luce i veri protagonisti.
Tornano invece al bianco e nero per il terzo e ultimo videoclip di questo album: Lacio drom. In realtà la canzone da cui prende vita il video è la versione leggermente remixata e contenuta nell’album live Lacio Drom (buon viaggio) uscito l’anno successivo. Niente video invece per No frontiere, un altro singolo estratto da questo album e una delle migliori performance musicali di Renzulli.
Il quarto e ultimo capitolo della “tetralogia degli elementi” esce nel 1997. Perso definitivamente anche Antonio Aiazzi, l’ultimo residuo delle origini al di là del duo Pelù-Renzulli, i Litfiba danno alla luce Mondi Sommersi. L’album più completo di questa terza fase prosegue il percorso d’alleggerimento del loro sound, sempre più lontani dall’hard rock e sempre più influenzati dalla musica elettronica ed etnica.
L’uso sapiente dei campionamenti, la tendenza all’acustico e la teatralità rafforzata nel modo di cantare di Pelù, segnano il definitivo distacco dal passato. A livello di testi, è abbandonata ormai quasi del tutto la critica sociale, anche se Sparami è uno tra i brani politici più riusciti della loro intera carriera.
Si torna a tematiche più esistenziali e in questo contesto Goccia a goccia può essere considerato il grande capolavoro di questa terza fase del gruppo. Il disco ebbe un grande successo, entrando nei primi dieci più venduti in Italia quell’anno. I Litfiba ormai erano diventanti un gruppo molto pop(olare) grazie a canzoni dalle melodie orecchiabili e dal suono inconfondibile. È innegabile che Mondi sommersi rappresenta uno dei più riusciti tentativi di sperimentazione nell’ambito della musica commerciale che si siano mai visti nel nostro Paese.
In questo ultimo atto della tetralogia la tematica di referenza è l’acqua, dopo aver affrontato precedentemente nell’ordine fuoco, terra e aria. Acqua vuol dire mare e quindi il colore blu: ecco allora una serie di videoclip tutti focalizzati su questo colore. Francesco Fei si prende in carica la regia del video della loro canzone più conosciuta, Regina di cuori, e di Goccia a goccia. Lascia invece a Federico Brugia il compito di associare delle immagini alla dance latineggiante Ritmo #2.
Ed eccoci arrivare al punto più alto (di vendite) e più basso (in termini di rapporti personali) della storia del gruppo. Infinito è la definitiva consacrazione commerciale con oltre un milione di vendite e un grandissimo successo soprattutto del singolo Il mio corpo che cambia. Il tassello finale dell’evoluzione del gruppo storico passa attraverso un cantato sempre meno aggressivo e spesso in falsetto, musiche che toccano diversi generi e che strizzano l’occhio anche alla disco-pop, una critica sociale che quando c’è viene filtrata in acqua dolce (Mascherina).
Celebre, anche perché raccontato a più riprese dagli stessi protagonisti, è l’aneddoto che vede il gruppo creare l’album a tavolino, studiando i tempi giusti per adeguarsi al gusto commerciale. La scienza esatta del saper creare un prodotto vendibile, più che la voglia d’esprimere sé stessi, è il marchio di fabbrica dell’album della discordia. Lascerà perplessi sia i fan sia soprattutto i componenti della band, con Renzulli che avrebbe voluto fare qualcosa di più rock e Pelù che ormai sembrava lanciatissimo nel diventare la nuova icona della musica pop italiana.
Non potevamo che scegliere Il mio corpo che cambia come video d’apertura di questo capitolo conclusivo dello speciale sui Litfiba. Sia per l’importanza, appena descritta, che ha avuto questo album nel segnare la “fine” del gruppo (anche se i Liftiba continueranno a esistere senza Pelù e poi al suo ritorno fino ad oggi), sia per l’innegabile valore di un videoclip che gioca in maniera divertita con il genere western. Il regista del video è Federico Brugia, lo stesso di Ritmo #2, che punta tutto su questo effetto pellicola e sul sempre efficace citazionismo cinematografico, aiutato anche dal fischiettio iniziale che strizza l’occhio a Morricone e Leone.
L’ultimo singolo e videoclip a uscire prima dell’apocalisse è Vivere il mio tempo, per il quale viene richiamato Francesco Fei alla regia. Anche questa volta si gioca un po’ col citazionismo cinematografico, proponendo il tema del circo. Più vicino all’ultimo Ophüls che a Fellini o Chaplin, chiude così in bellezza il (primo) ventennio (video)musicale della band.
L’estate del 1999, che segue all’uscita dell’album, vedrà impegnati i Litfiba in un grande tour, anch’esso di grande successo, che non impedirà a Piero Pelù di registrare la sua prima collaborazione senza il gruppo, ovvero il brano Il mio nome è mai più in compagnia di Ligabue e Jovanotti. Un “mai più”che da lì a poco sarà applicabile alla sua volontà di lavorare ancora con Renzulli, troppo distanti ormai in termini artistici e probabilmente troppa la voglia, come accade quasi sempre ai frontman, di provare la carriera solista.
Negli ultimi concerti si vede che qualcosa non va, il gruppo a fatica riesce a fingere di essere unito come in passato e, quando intervistati (come nel finale di questa trasmissione televisiva), si avverte un certo imbarazzo nel parlare dei progetti futuri. I Litfiba per volontà di Renzulli non vengono sciolti e Pelù è così “costretto” ad abbandonare alla fine del tour estivo.
Per la sua avventura solista decide di occuparsi personalmente sia delle musiche che dei testi, chiama a suonare i due vecchi amici Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi, e dà vita al suo primo lavoro Né buoni né cattivi che uscirà nella primavera del 2000. Meno di un anno dopo dal suo addio ai Litfiba, vedremo Pelù scorrazzare per strada alla Richard Ashcroft, vestito rosso accesso e pieno di entusiasmo: così finisce un’epoca, un gruppo storico e inizia il nuovo millennio.