Fotoromanzi – Il classico senza classicismo, una rubrica di Alberto Beltrame
La “trilogia del potere” si conclude nel 1988 con l’uscita di Litfiba 3. Quest’album comincia a distaccarsi dalla natura originaria del gruppo, con l’ossatura new-wave che traballa in favore di un’apertura al rock politico. Musicalmente si avverte questo cambio di rotta in canzoni come Cuore di vetro, nella quale il sound comincia a essere molto distante da tutto quello che era stato concepito fino a quel momento.
Il disco è carico d’echi di hard rock, influenze blues e più in generale segnali evidenti di una voglia di sterzare verso un rock meno alternativo. Per quanto riguarda i testi, tracce come Santiago (su Giovanni Paolo II che fa visita a Pinochet) o Louisiana (sulla pena di morte) evidenziano una nuova propensione a trattare tematiche che tralasciano l’aspetto più esistenziale e vanno verso la critica sociale, meno metafore e linguaggio poetico a favore di parole più dirette e con bersagli precisi da colpire.
Il punto di non ritorno, che porterà verso questa seconda fase, sarà la tournée del 1989, di cui la testimonianza è l’album live Pirata. Molte canzoni vengono eseguite in maniera molto differente dalle versioni studio, in particolar modo emerge la voglia di Ghigo Renzulli di suonare la chitarra a modo suo. Una svolta che non piace a Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi che a fine tour lasciano la band, quest’ultimo tornerà poi sui suoi passi e continuerà a collaborare col gruppo ma in un ruolo assai ridimensionato.
Alcuni mesi dopo abbandonano anche Francesco Magnelli e Ringo de Palma che, assieme allo stesso Maroccolo, entreranno in blocco nelle fila dei CCCP – Fedeli alla linea, in tempo per l’incisione del loro ultimo album Epica Etica Etnica Pathos, per il quale aggiungeranno al gruppo anche Giorgio Canali, in origine tecnico del suono proprio dei Litfiba. A parte De Palma, che morirà giovanissimo nel 1990, gli altri tre diventeranno successivamente la spina dorsale dei neonati CSI.
Si passa così da un gruppo musicale al duo Renzulli-Pelù, con una band di sostegno che cambierà in continuazione i componenti nel corso degli anni. L’album in studio che inaugura questo nuovo ciclo è El diablo, siamo nel 1990 e la title track è anche il primo singolo estratto. Il video narra di uomini e tori, dieci anni prima del Toro loco, di avere “quel fuoco, quel sole e quelle parole”, che sarà uno dei successi del Pelù solista.
A differenza di Toro loco, dove l’oggetto d’interesse del video è la corsa dei tori di Pamplona, qui parliamo della corrida. In particolare il video, diretto da Joe Asaro – ovvero lo stesso regista di Tex e Cangaceiro -, rappresenta il rapporto uomo-diavolo attraverso un torero alle prese con un Pelù in versione animalesca. Si gioca in modo un po’ satirico sulla leggendaria connessione tra musica rock e satanismo, con il cantante che cambia il timbro della sua voce per adeguarsi maggiormente all’aggressività necessaria ad un brano di questo tipo.
Perché ormai i Litfiba sono diventati una rock band e in quel contesto vivono: “La vita dura è una gran fregatura / Ma a volte uno strappo è una necessità”. La canzone che farà conoscere il gruppo al grande pubblico è diretta come non mai, esplicita già dalle prime note e dalle prime parole il cambio di direzione intrapreso. La divisione dei compiti è semplice e efficace: Renzulli scrive le musiche e da spazio al suo caratteristico modo di suonare mentre Pelù scrive i testi e istrioneggia liberamente nella performance canora. I videoclip dei singoli registrano esattamente questo cambio di rotta, la narratività e l’immediatezza del messaggio sono fondamentali.
Da El diablo vengono estratti altri due singoli per i quali sono stati girati dei video. Il primo è Proibito, dove bastano una parola (“proibito” appunto) e qualche nota della chitarra di Renzulli per farci entrare ancor di più nel nuovo sound. Il testo sposa ironia, provocazione e voglia di ribellione da veri rockers. Il video narra le vicissitudini di un gruppo di studenti in un collegio che, vedendosi proibire ogni tipo di svago, decidono di attuare una rivolta con tanto di spargimento di piume alla Zero in condotta di Jean Vigo.
L’ultimo singolo al quale viene associato un promo è Gioconda, che abbiamo scelto come video d’apertura di questo secondo capitolo dello speciale sui Litfiba. Quest’opera rappresenta forse il miglior video realizzato dal gruppo fiorentino, trovando un mix perfetto di idee originali, prova d’attore di Pelù e legame tra immagini e testo della canzone. Si mette in scena un matrimonio nel quale lo sposo sente un po’ troppo la pressione e non è del tutto convinto di star facendo la cosa giusta.
Ciò che sta passando davvero nella testa dello sposo è rappresentato da un Piero Pelù che danza solitario e a petto nudo nell’oscurità, in netto contrasto con la formalità celebrativa e chiassosa della chiesa. La fuga dal rituale della cerimonia si conclude con un finale che strizza l’occhio un po’ a Il laureato e un po’ a al cinema di Buñuel. La regia è di Gianluca Di Re che l’anno successivo viene chiamato a dirigere anche il video di Bambino, brano originariamente presente in Litfiba 3 e ripubblicato come singolo nel 1992 in una nuova versione all’interno della prima raccolta ufficiale del gruppo Sogno ribelle. Un altro videoclip di qualità che vede protagonista, come da lyrics, un bambino alla scoperta della grande città.
Nel 1993 esce Terremoto, secondo capitolo della “tetralogia degli elementi” e album che racconta alla perfezione lo stato d’animo del Paese nell’epoca di tangentopoli. Il disco è l’apoteosi del “wah-wah renzulliano” e del caratteristico stile canoro di Pelù, oltre che rappresentare il disco politico per eccellenza del rock italiano degli anni Novanta.
Ben quattro sono i singoli estratti con altrettanti videoclip. È ancora Gianluca Di Re il regista di Maudit, lanciato un mese prima dell’uscita di Terremoto per promuovere il disco. Brano manifesto dell’album, esplicita nel video tutta la rabbia per la corruzione e l’ipocrisia nell’epoca del dominio dei mass media. Come in Proibito si tenta di ribaltare il sistema costituito impadronendosi dello spazio del proprio nemico. Ecco allora una danza tra televisori e cineprese, con il gruppo che vuole essere “il cortocircuito nella stanza dei bottoni” per poter “ballare nella televisione, truccarmi da pallone e poi raccontarvi tutto”.
Il video di Prima guardia è invece più sobrio e richiama a quello girato anni prima per Guerra. Canzone antimilitarista per eccellenza, è accompagnata da un video che non fa altro che riprendere Pelù e Renzulli sotto le sembianze di due militari in pattuglia. Un video pacato per un brano che evidenzia con sottigliezza l’assurdità della guerra (“Mi scuserai se parlo una lingua diversa”) ed è in particolare una protesta netta contro il servizio militare, come si evince dal verso finale: “trasforma il tuo fucile in un gesto più civile!”.
La regia di Prima guardia è di Stephen Ghentys, uno specialista di riprese in terre aride. Infatti viene chiamato a dirigere il video di altri due singoli estratti da Terremoto, entrambi con protagonista proprio il deserto. Il video di quella che forse è la canzone migliore mai scritta dai Litfiba, ovvero Fata Morgana, vede come protagonisti i soliti Pelù e Renzulli che vagano appunto per il deserto in preda, immaginiamo, a miraggi e visioni come da titolo.
Un video semplice, con la danza del cantante impregnata di spiritualità ed esoterismo. Più elaborato invece quello girato per Sotto il vulcano, la canzone di chiusura di Terremoto. Un gioco di specchi e sovrimpressioni a ridosso di un vulcano messicano, dove si fondono i miti (il rituale del fuoco, le croci) con la materialità della terra, l’astrazione della morte con la vitalità energetica di lava e lapilli. Il fuoco che genera cenere come la vita che genera la morte, in un eterno rituale di luci e ombre. Il brano sarà dedicato a Augusto Daolio, uno dei più importanti “vulcani” canori della musica italiana, spentosi proprio mentre il gruppo stava registrano questo pezzo.
Come successo nel 1989, sarà un album live a segnare una svolta nella storia del gruppo. Nel 1994 esce Colpo di coda, quarto album live della band e il primo prodotto dalla EMI. Anche questa volta il cambio d’etichetta porta a una sterzata netta nello stile musicale. In Pirata erano le versioni di Cangaceiro e Tex (e i rispettivi videoclip) che avevano dettato il cambio dalla new-wave al rock, qui invece sono due inediti.
Parliamo di Africa e A denti stretti, per entrambi i quali verranno realizzati dei promo. Le sonorità si fanno meno dure, la componente hard rock si alleggerisce e si cominciano a sentire delle influenze etniche. I due video sono in qualche modo in antitesi tra loro, Africa è un esplosione di colori mentre A denti stetti ha un cuore dark. Siamo in una terra di mezzo, ma l’uscita di Spirito qualche mese più tardi farà capire che i Litfiba stanno cambiando pelle ancora una volta.