Fotoromanzi – Il classico senza classicismo, una rubrica di Alberto Beltrame
L’anno scorso Francesco Lettieri e Liberato ci hanno regalato Capri Rendez-Vous, un esempio di serialità video che non ci sembra avere precedenti nella storia della videomusica italiana. Sia a livello formale che soprattutto nell’epica narrativa, il mezzo videoclip si avvicina come non mai al cinema. La serialità rompe in maniera netta la limitazione temporale del promo e permette il racconto romanzesco. La serialità è utilizzata anche per fare quello che sarebbe assolutamente impossibile nello spazio di una sola canzone, ovvero il cambio di genere narrativo che nell’arco dei cinque video passa da un bianco e nero antonioniano a un foto-racconto contemporaneo, sapendo sapientemente inglobare colori e stili appropriati al tempo della narrazione.
L’anno precedente Michele Catalano e Pierluca Zanda avevano anch’essi dato luce a una serialità video, diversa ma allo stesso tempo efficacissima, per le canzoni di Francesco De Leo. Questa volta la possibilità di lavorare su tempistiche più ampie è sfruttata per una creazione in chiave post-moderna. Non una narrazione di tipo romanzesco, ma la pura frammentazione e ricomposizione. Un Rashomon video-artistico in otto capitoli che rompe e ricostruisce, gioca con le estetiche e con l’essenza stessa del video. Anche questa volta, come nel caso di Liberato, siamo di fronte a qualcosa di abbastanza unico e insolito nel contesto del videoclip italiano.
L’idea stessa di serialità applicata ai promo non è mai stata davvero esplorata in Italia, malgrado la facile iconografia, spesso costante nel tempo, di alcuni musicisti. Il più volte citato in questa rubrica Jolly Blu (Stefano Salvati per gli 883, 1998), anche se in un ottica da lungometraggio per il cinema e non di promo per inediti, dimostra come ogni tentativo in questo senso avrebbe avuto delle difficoltà notevoli nel poter aver successo. I musicarelli sono davvero troppi legati a un’epoca storica ormai lontana, il moderno videoclip non potrebbe in alcun modo riproporre quel modello con efficacia. Ecco allora come i due lavori precedentemente raccontati hanno saputo trovare una nuova via, qualcosa di davvero efficace nell’ambito della serialità applicata al videoclip.
Guardando indietro nella storia della videomusica italiana è davvero difficile trovare qualcosa di simile. Eppure un esempio di serialità videomusicale in Italia c’è stato grazie al “Messia della musica dance”. Nato nello stesso giorno del Signore, Mauro Picotto è un DJ che a partire della seconda metà degli anni 90 ha saputo sfornare tracce Techno e Trance di grandissimo successo. La maggior parte dei pezzi conosciuti dal grande pubblico sono stati pubblicati in The Album del 2000, una raccolta di 19 brani scritti nel giro di qualche anno. Per tre di questi brani viene realizzata una video-serie, con un’introduzione (Iguana), un capitolo centrale (Komodo) e un episodio finale (Proximus).
Al regista Oliver Sommer viene commissionato il compito di narrare le vicende dell’“investigatore Mauro Picotto” e della sua sexy antagonista, la misteriosa donna dagli occhi di drago. Proprio quest’ultima è il soggetto del capitolo introduttivo Iguana, dove ci viene presentato il suo personaggio: una donna misteriosa e il suo amore per le lucertole.
Il capitolo centrale Komodo (che vede all’interno del brano una campionatura di Sweet Lullaby dei Deep Forest) ha come protagonista l’investigatore Mauro Picotto alla ricerca del, si dice nel testo introduttivo, “misterioso Komodo”. Possiamo immaginare allora che questo “misterioso Komodo” non sia altro che l’evoluzione della donna-iguana dell’introduzione che, dopo quel rito d’iniziazione a corpo nudo alla fine del primo video, è diventata l’assassina di Komodo (non a caso il varano di Komodo può essere classificato come un’iguana dalle dimensioni giganti, una sua evoluzione).
L’investigatore riesce a scovarla ma all’ultimo momento le sfugge e il video finisce con un “to be continued…”. Si arriva così al capitolo conclusivo Proximus (qui il campionamento utilizzato è il primissimo e celebre brano del progetto Adiemus dell’ex membro dei Soft Machine Karl Jenkins), dove il “misterioso Komodo” viene adesso rinominato la “misteriosa donna”. La nostra assassina seriale sembra essere diventata ancora più potente e sfuggente, ma l’investigatore riuscirà a trovarla e alla fine di un inseguimento la raggiungerà. Le cose però non vanno come l’investigatore aveva previsto: la donna si trasforma in un iguana e gli occhi di Picotto improvvisamente diventano gli stessi della donna-lucertola. La scritta “the end” lascia così spazio a un finale aperto.
Oliver Sommer è la firma di un ulteriore video per un’altra canzone contenuta nella raccolta The Album. In Like this Like That siamo al di fuori della serie dell’iguana, e tutto si basa sul parallelismo per opposizione di due mondi in un bellissimo gioco sul bianco e nero. La sola cosa che può farci ricordare la video-serie sono l’intro e la fine alla James Bond che possono essere lette come un vago richiamo all’investigatore Mauro Picotto e alle sue avventure.
Più esplicita invece è la citazione alla video-serie nel video della cover al brano di Picotto realizzato da Sound of Legend nel 2016. Anche qui abbiamo donne ingannevoli e inseguimenti, ma sopratutto gli occhi d’iguana che s’illuminano nel finale. Questa volta ad essere misterioso è lo stesso gruppo francese di musica elettronica. Infatti nessuno sa chi siano i componenti del collettivo specializzato in cover di brani del passato. Sappiamo solo che sono tre DJ e che si fanno rappresentare pubblicamente per il “supereroe Zach”, con il viso coperto da una maschera, protagonista anche di questo stesso video. Come nel caso di Liberato, l’artista c’è ma non si fa vedere. La serialità vive anche di questi enigmi.