Portraits è la nostra serie di interviste con i migliori registi italiani di video musicali un format originale, creato da Videoclip Italia e pensato per la lingua inglese (qui trovate la raccolta di tutte le interviste). Il nostro obiettivo è dare quanta più esposizione possibile ai registi italiani, dando voce alle loro ambizioni e al loro punto di vista, avvicinandoli al pubblico internazionale.
Cerchiamo di farlo perché siamo convinti che meritino più riconoscimento.
Per il nostro secondo episodio, abbiamo deciso di intervistare il collettivo Cinepila. Di stanza a Catania – come i Ground’s Oranges, intervistati nell’Episodio 01 -, i Cinepila hanno realizzato alcuni dei videoclip italiani più originali degli ultimi anni. Il loro lavoro si distingue per un’attenta composizione dei quadri e per la struttura spesso ellittica delle loro storie, un fattore che spesso attiva il ruolo dello spettatore.
BIO
Cinepila è un collettivo artistico, fondato a Catania nel 2012, che si occupa di produzioni audiovisive. L’idea alla base del progetto prevede un approccio trasversale e contaminato al cinema inteso in tutte le sue forme, dal videoclip al documentario, dalla pubblicità al cinema di genere e alla videoarte. Il collettivo è formato da Giovanni Tomaselli, Premananda Das e Rosario Samuel Adonia, più un gruppo di professionisti del settore che ruotano intorno al progetto, alcuni dei quali ormai in pianta stabile. Cinepila ha realizzato videoclip per Ermal Meta, Cesare Basile, Cordio, Skom, Edy, Norgdarden, Dimartino e altri.
Vincitori di Cortinametraggio 2019 nella categoria “Videoclip Underground”.
Vincitori di Inventa un film 2019 nella categoria “Videoclip”
Vincitori di Militello Film Festival 2019 nella categoria “Videoclip”.
Finalisti del premio PIVI 2019
CHE COS’È UN VIDEOCLIP?
«Un video-clip per noi è, o dovrebbe essere, la summa di una collaborazione tra creativi e artisti di ambiti diversi. Un’opera in cui la musica e il cinema convergono per trovare un equilibrio e arricchirsi a vicenda. E non usiamo la parola “cinema” a sproposito, in quanto riteniamo che il videoclip sia fondamentalmente una delle tante forme che il cinema può assumere, nonostante per anni sia stato considerato una sottocategoria dell’intrattenimento televisivo e musicale. Anzi, in qualche modo, il video-clip ha molto in comune con il cinema primordiale e con certe avanguardie degli anni venti. Naturalmente parliamo di video-clip nelle forme più libere e sperimentali, non di videoclip pensati esclusivamente come vetrina per il brano o musicista di turno».
GENERI
«Non escludiamo nessun genere, ci piace sperimentare sempre nuove forme e possibilità. Ci siamo confrontati praticamente con tutti i generi e abbiamo persino girato un video-clip/documentario (Cincu Pammi di Cesare Basile). Però sicuramente i nostri lavori si avvicinano più al genere concettuale. Perché riteniamo che sia quello che si sposa in maniera più naturale ed equilibrata con la musica, senza sovrastarla e allo stesso tempo senza diventarne accessorio o didascalia. In qualche modo con il genere concettuale si possono dare degli spunti, accennare dei riferimenti, senza snaturare il senso del brano e senza condizionare troppo lo spettatore, che diventa coautore e interprete del significato del video. Ci piace l’idea dell’opera aperta. Ci piace l’idea che video e musica concorrano nel creare un’opera in cui lo spettatore sia il protagonista necessario per chiudere il cerchio».
APPROCCIO
«Essendo un collettivo, solitamente l’approccio a un nuovo lavoro consiste quasi sempre in due fasi. La prima in cui ognuno di noi ascolta per conto suo il brano. In questa fase abbiamo tutti approcci diversi. Rosario per esempio ascolta tantissime volte il brano e ha un approccio che si potrebbe definire quasi “scientifico”. Premananda ha un approccio prettamente visivo, d’altronde è un DOP, e spesso associa il brano a fotografie o opere che lo hanno colpito in passato. Io (Giovanni, ndr) invece cerco di ascoltare il brano il meno possibile, di non lasciarmi condizionare troppo, e spesso l’idea arriva all’improvviso mentre faccio altro. Nella seconda fase ci riuniamo, magari in situazioni rilassate e davanti a qualche bottiglia di birra, e iniziamo a esporre le nostre idee. Restiamo ore a discutere. Alcune volte tutti hanno un soggetto, altre volte solo uno di noi, altre volte ancora il soggetto viene fuori proprio in questi momenti. Alla fine il risultato è comunque sempre frutto di una contaminazione reciproca e di un’elaborazione collettiva».
METODO DI LAVORO
«Superata la prima fase, quella di brainstorming iniziale, di cui parlavamo più sopra, passiamo alla fase di scrittura vera e propria. Scriviamo le scene basandoci sul ritmo e sulla durata delle varie parti del brano, alcune volte facciamo degli storyboard, cerchiamo immagini di riferimento che mostriamo anche agli attori, costruiamo le sequenze, prendiamo spunto da diverse cose che ci hanno colpito o che ci piacciono. Non per forza film o opere audiovisive in senso stretto, ma anche fotografia, pittura, opere d’arte in generale, ricordi personali, libri. Abbiamo riferimenti molto vari e diversificati. Una volta buttato giù tutto, inizia un lavoro di sottrazione. Cerchiamo di eliminare tutto ciò che riteniamo superfluo, didascalico, eccessivo. Asciugare per arricchire, definire senza delimitare.
Sul set siamo molto rigidi, rispettiamo i ruoli e cerchiamo di essere pragmatici. Perché i tempi sono sempre stretti e i budget risicati e bisogna massimizzare ogni momento a disposizione. Naturalmente capita spesso che delle scene subiscano delle modifiche o vengano cancellate in fase di ripresa.
Il montaggio invece è una fase più riflessiva e ragionata, a cui dedichiamo molto tempo e importanza. Personalmente credo che il montaggio sia in qualche modo una seconda fase di scrittura e regia, soprattutto nel cinema concettuale e sperimentale, che come detto sopra è quello a cui facciamo maggiore riferimento. Spessissimo in fase di montaggio rimescoliamo le carte, cambiamo l’ordine delle scene e sperimentiamo soluzioni diverse. Una volta finito il montaggio, quando i tempi lo consentono, ci piace lasciare “maturare” il video un paio di giorni e rivederlo a mente fredda».
QUAL È IL VOSTRO MIGLIOR VIDEOCLIP?
«Magari sembrerà una banalità, ma siamo affezionati a quasi tutti i nostri videoclip per motivi spesso diversi. Soprattutto i video che abbiamo girato negli ultimi due anni, che sono quelli che più ci rappresentano come collettivo.
Gli unici video che non ricordiamo con piacere sono forse quelli in cui particolari situazioni o eccessive limitazioni hanno compromesso il risultato finale.
Se dobbiamo sceglierne qualcuno, più per questioni simboliche, forse la scelta ricadrebbe su Cirasa di Jinnaru e Nuddu Ca Veni. Il primo perché è il video in cui abbiamo deciso di fare un salto di qualità, tecnico e professionale. Il video in cui per la prima volta ci siamo messi in gioco sul serio e abbiamo provato un approccio di tipo cinematografico (sia artistico che produttivo). Il secondo perché probabilmente, fino a ora, è il video che ci ha dato maggiori soddisfazioni in termini di riconoscimento da parte di pubblico e critica. Entrambi perché sono video in cui abbiamo avuto totale libertà di sperimentare ed esprimerci come volevamo».
QUAL È LA COSA PIÙ BELLA DI QUESTO LAVORO?
«Sicuramente la fase di ripresa, la vita sul set. Sono momenti molto intensi e faticosi, non sempre tutto fila liscio, ma sono altrettanto liberatori. Tutto lo stress accumulato in fase di pre-produzione sembra svanire in un attimo, sembra di vivere in una bolla magica e fuori dal mondo. Avviene come una sospensione della realtà, ci si dimentica di tutti i problemi e il tempo scorre in maniera diversa. Personalmente è una sensazione che provo solo quando viaggio e mi trovo in luoghi che non conosco. Quel senso di libertà e indeterminatezza, ma anche la possibilità di perdersi o di dover risolvere problemi inaspettati, sono tutte sensazioni che alla fine ti fanno sentire vivo. Probabilmente siamo anche fortunati, perché siamo amici e siamo molto affiatati e l’atmosfera sui nostri set tende a essere quasi sempre piacevole.
Poi, è inutile nasconderlo, vedere il committente o gli spettatori entusiasti e ricevere critiche positive per il proprio lavoro è altrettanto bello. Viviamo sempre con grande eccitazione i momenti in cui i video vengono pubblicati e leggiamo le prime reazioni sui social».
Credits
Intervista a cura di Alessio Rosa
Progetto grafico: Agostino Toriello (@mos4ico)
Traduzione in inglese curata da Kendall Bendheim