Fotoromanzi – Il classico senza classicismo. Una rubrica di Alberto Beltrame
Correva l’anno 1999 quando Lucio Dalla girò il video di Ciao, un manifesto in immagini dell’anti-salvinismo avant la lettre, ovvero la denuncia della vergognosa indifferenza nei confronti della tragedia dell’immigrazione. Si rappresentava lui stesso su una sdraio a prendere il sole mentre attorno scorrevano immagini di gente sui barconi in cerca di una salvezza (performance tra l’altro portata spesso anche nei concerti, come ad esempio al Festivalbar dello stesso anno). Qualche anno prima, invece, aveva “inventato” la tecnica più amata dal segretario leghista: la video comunicazione tramite smartphone. In quale luogo: Napoli. Il destino sa giocare davvero brutti scherzi.
Tra i cantautori italiani storici degli anni ‘60 e ’70, Dalla è probabilmente il più vivo nel mercato musicale nazionale dei ’90 e lo dimostra il grande interesse nell’ambito dei videoclip, canale commerciale obbligatorio di quella decade e non più solo strumento sperimentale o di divertimento come fu negli anni precedenti. Tra tutti i videoclip di Lucio Dalla, quello di Canzone sembra essere il più originale, il più sorprendente. È anche il suo video più conosciuto anche grazie a una “canzone” di grande successo e che in qualche modo sanciva in maniera definiva la svolta del cantautore verso la fase più “pop” della sua carriera.
Alla base di tutto il video c’è il suo volto, sempre presente e allo stesso tempo lontano in una messa in discussione dei principi diegetici del Videoclip. Presenza e non presenza nello stesso momento è il principio che guida pure la canzone, in questo senso perfettamente in sintonia con le immagini. Anche la fluidità e il movimento continuo della camera, sempre alla ricerca di qualcosa, si sposano con quello che il testo della canzone sta raccontando.
Canzone cercala se puoi
Dille che non mi perda mai
Va per le strade, tra la gente
Il montaggio è in linea con i videoclip internazionali dell’epoca, è frenetico e ritmato e con diverse soluzioni ben studiate. Oltre all’idea centrale del piccolo monitor con il volto del cantautore, c’è una grande galleria umana sia in termini di “personaggi” che di situazioni e atteggiamenti. In questo senso il video ha il grande merito di saper essere affresco popolare, atto sociologico in immagini. Lucio Dalla si afferma in maniera definitiva per quello che è: la quintessenza del popolare, qualcuno che riesce a unire tutti e a convincere a tutti i livelli.
Io i miei occhi dai tuoi occhi
Non li staccherei mai
Lucio Dalla ci guarda. Ci guarda continuamente. E ci invita a guardare verso il popolo: giovani e vecchi, amanti e lavoratori, zingari e camerieri. Si sente il suono delle strade, il rumore della vita, la spazialità del tempo che passa, la temporalità nella dinamica permanenza di luoghi e persone. Lucio Dalla le guarda senza guardare, completamente ossessionato dalla ricerca di un’anima perduta, di un’ombra tra le pieghe della confusione di un mercato.
Dalla con questo videoclip, attraverso poche parole e molte immagini, racconta in maniera efficacissima la vera essenza di una comunità, tra un sorriso e una lacrima, tra grida immaginate e sguardi intensi. Attraverso questo viaggio nel cuore di Napoli possiamo davvero capire moltissimo del carattere italiano, un affresco intenso sia della sua libertina stravaganza che del suo retrogusto di miseria che ci portiamo dietro da sempre. È un affresco e allo stesso un racconto del nostro modo di essere, delle sfaccettature a tratti paradossali del nostro strano Paese. Per rappresentare meglio il popolo italiano mancano solo selfie e gente del Sud che vota la Lega Nord, ma Lucio Dalla era un cantante, non un profeta del surreale.