Fotoromanzi – Il classico senza classicismo. Una rubrica di Alberto Beltrame
L’ultima estate italiana del ventesimo secolo, un Paese che sogna ancora in Lire e che continua a guardare al passato per un eterno ritorno della nostalgia. Piotta è un giovane rapper, è appena riuscito ad incidere il suo primo LP, di cui Supercafone sarà il singolo destinato al grande successo. Per dirigerne il video chiama Marco e Antonio Manetti, il risultato uno Stayin’ Alive a la romana sorprendente.
Com’è bello fa l’amore come canta la Carrà/andà cò Califano al Festivalbar
Se il testo della canzone è decisamente marcato dal dialetto romano, i temi toccati sono quelli dell’immaginario dell’Italia intera, dal “sei all’Enalotto” allo “Studio 54”, per poi domandarsi se “Amanda Lear è una femmina o un maschio?”. Il tutto in un contesto allo stesso tempo di parodia e citazione di La febbre del sabato sera. Piotta scrive il nuovo inno per un Italia che va verso il nuovo millennio con tutti i suoi retaggi, i suoi ricordi e ancora un legame profondissimo con il territorio inteso come cultura popolare, dialetto, istinto di sopravvivenza compiaciuto e tamarro.
Spingo io la Robba che nu je la fai a spigne te/portame ar mare, ‘n do cazzo te pare tanto spacco uguale…
Poesia in versi veloci, ludici, prendendo sul serio l’arte di non sapersi prendere sul serio. E questo vale sia per il testo della canzone sia per il video che inventa senza inventare e rinnova senza voler rinnovare nel contesto del videoclip all’italiana. L’intro è l’occasione per inserire la prima referenza della cultura nazional-roman-popolare con la maglietta che riporta la celebre frase di Totti dopo il gol in un derby storico per la capitale: “Vi ho purgato ancora !!!”. È solo l’inizio.
co’ ‘na stella dell’Hard su Novella brinda’ co’ Funari a sciampagna e mortadella
Il gioco è semplice ma sorprendente: prendere un film vecchio di vent’anni decontestualizzandolo nella cultura di borgata. Ovvero portare in immagini l’idea stessa del rap del Piotta, l’hip pop made in U.S.A nel contesto della Roma più pura. Riferimenti e frammenti di storia italiana, racconti vecchi ma attuali, personaggi morti o vivi ma sempre presenti nel sentire popolare, esattamente come quel film, come quella fine degli anni ’70 tra balli e l’inizio dell’anarchia anni ’80 non ancora finita. Il dialetto romano come la discomusic, il corpo “popolare” di Piotta come la presenza mitica del Manero Tony.
– Nun so’ più er ghepardo de ‘ na vorta.
– Sarà ‘ sto buco dell’ azoto.
Valerio Mastrandrea è la guest star del video. Alternando la canzone con frammenti di dialogo tra il suo personaggio e quello del Supercafone Piotta, si crea una vera e propria epica all’interno del videoclip dando allo stesso tempo una certa narrativa non scontata per i video dell’epoca, sopratutto in Italia. La camera non si ferma mai, segue il protagonista come in pieno inseguimento pasoliniano, non arretra e non cede alla lusinghe femminili e alle danze. L’immaginario è ben presto fatto: una coreografia ironica e semplice ma efficacissima e l’iconica vasca da bagno. Molto di più, quindi, di una rivisitazione di genere ma una vera e propria creazione a partire da diversi generi, un po’ poliziottesco, un po’ gangster movie, un po’ vacanze di natale. Roba coatta, insomma, tra ironia, giochi di stile e tensione narrativa: comunque sia andata, è stato un successo.