Si dice che, se due amanti passano insieme sotto l’arco del Faraglione di mezzo, davanti all’isola di Capri, allora si ameranno per tutta la vita. Da questa leggenda muove la video-serie scritta e diretta da Francesco Lettieri per Liberato: Capri Rendez-Vous racconta la storia d’amore fra un ragazzo dell’isola, Carmine, e un’attrice di successo francese, Marie.
Diviso in cinque capitoli per altrettanti inediti del misterioso cantante napoletano, la serie si apre con un episodio introduttivo, che è anche una netta dichiarazione di intenti. Ambientato nel 1966, con gli ultimi scampoli di Dolce Vita e Nouvelle Vague a lambire l’isola di Capri, Guagliò presenta un incipit meta-cinematografico perché questo è il senso ultimo di tutta l’operazione, anzi di tutta la videografia di Lettieri: i videoclip sono un mezzo, il fine è il cinema.
Non solo: Guagliò introduce anche i due protagonisti, ma soprattutto espone il tema di fondo, ovvero lo scorrere inellutabile del tempo e la decadenza che lo accompagna. Di questo parlano infatti Marie e il regista, in una breve chiacchierata di sapore felliniano, mentre il montaggio ci restituisce un quadro documentario del set e della natura intorno.
Il secondo episodio, Oi Marì, è invece incentrato solo su Carmine e Marie: è il momento dell’innamoramento. Passano sotto l’arco dei faraglioni e si baciano per la prima volta, attraverso delle scene che hanno un sapore nostalgico, decisamente più Polanski che la pubblicità di Dolce e Gabbana. Con Nunn’a voglio ‘ncuntrà ci spostiamo invece negli anni ’70: Carmine è con un gruppo di amici a caccia di ragazze in una discoteca, qui rivede Marie, accompagnata però da un altro uomo. C’è solo il tempo, al ralentì ovviamente, per uno scambio di sguardi prima che irrompino i paparazzi.
Gli ultimi due episodi sono invece incentrati sull’invecchiamento. Tu me faje ascì pazz’ è ambientato nel 1993: Carmine è un carabiniere imbolsito, sposato e da poco padre; Marie è un’attrice bruciata, attaccata alla bottiglia e ormai sola. Casualmente si incontrano: lui la riporta a casa, lei vomita e poi fanno l’amore. Questa è indubbiamente la parte più debole dell’intero racconto, ma precede l’episodio migliore, l’ultimo.
Niente è ambientato al giorno d’oggi, ed è un racconto fotografico: Marie, col suo volto segnato dal tempo, fa ritorno a Capri in traghetto, come una signora qualunque. Le orde di visitatori sono catturate impietose dall’obiettivo della macchina fotografica: la Dolce Vita è ormai solo un ricordo, sostituito dalla massificazione turistica. Non è rimasto più niente (come da titolo), nemmeno Carmine, come scopriamo nel finale – un finale davvero ben gestito, che dribbla abilmente un esito più scontato, e procura un magone automatico.
Capri Rendez-Vous apre un capitolo completamente differente nell’estetica di Liberato. Dopo il successo degli ultimi lavori, era anche inevitabile un cambio di passo e chissà che questa svolta non nasconda anche il tentativo di ampliarne il respiro internazionale: i riferimenti culturali di fondo possono essere colti anche da un pubblico straniero e che vanno a braccetto con le lyrics, che presentano svariati versi in spagnolo e in inglese.
Il racconto in sé, al netto dei perdonabili cliché, soffre un po’ lo scarso approfondimento della relazione fra i due protagonisti, relegata ad un banale scambio di battute in barca e poco altro. La scelta dei sottotitoli e gli abbondanti inserti narrativi dovevano forse servire in tal senso, ma finiscono per aggiungere ben poco. In questo modo l’opera finisce per funzionare solo nell’ottimo finale, come già abbiamo scritto. Il limite vero sta però nei brani stessi, oggettivamente cinque riempitivi che completano sì l’album appena pubblicato, ma sono anche lontani parenti in termini di impatto rispetto ai singoli precedenti, tanto che Lettieri può permettersi di interromperli e tagliarli come più gli aggrada.