Il Sanremo del Baglioni-bis appare come un momento di felice rinnovamento musicale, con diversi artisti in gara che sul palco di questa kermesse nazional-popolare avrebbero stonato parecchio solo 2-3 anni fa. Oddio, felice forse è un termine un po’ forte. Certo è che Achille Lauro e Zen Circus, Ex-Otago e Motta, per dirne alcuni, sembrano quasi degli infiltrati nel paese reale, quello dei non-morti tipo Nino D’Angelo e Patty Pravo che fanno il duetto col rapper, o Loredana Berté versione Vasco Rossi (più viva lei comunque che i Boomdabash col testo scritto coi baci Perugina).
Dal nostro punto di vista, un Sanremo così variegato diventa un’ottima opportunità per osservare la produzione nazionale di videoclip in quasi tutta la sua estensione, permettendoci di dare un’occhiata anche a quei generi musicali che di solito non ci filiamo. Uno sguardo oltre la barricata sempre più farraginosa che divide le produzioni più o meno indipendenti dal mainstream raiunesco, dove solitamente regnano incontrastati i “compitini” e le trashate involontarie. Insomma, ci sono tutte le premesse per divertisti un po’.
Motta – Dov’è l’Italia (YouNuts!)
Motta gira in tondo dentro il magazzino di un rental romano e canta «Mi sono perso anch’io». Il tutto rigorosamente in piano sequenza, girato al ralentì, il che ha evidentemente complicato le cose per quanto riguarda il lip-sync, con Motta davvero poco convinto nello scandire le parole. La clip è accompagnata dalle obbligatorie luci colorate e introdotto da un filmino famigliare in Vhs, che se gli YouNuts non ci infilano un po’ di formato video non sono contenti. (Alessio Rosa)
Boomdabash – Per un milione (Fabrizio Conte)
Tutto il testo ruota attorno all’idea dell’aspettare la persona amata ad ogni costo ed ecco che Fabrizio Conte ci cuce sopra un video zuccheroso, in cui vediamo da un lato i Boombdabash in camerino prima di un concerto, mentre dall’altro si incrociano quante più storie possibili di attese e incontri. Così si va dalla donna in dolce attesa fino al carcerato che esce di galera e trova ad attenderlo gli anziani e borghesissimi genitori (ma quando mai?), dalla ragazza alla stazione del treno al giovane emigrato coi fiori in mano, passando per mamme, papà e pure un cane. Prodotto dall’infaticabile casa di produzione Borotalco. (AR)
Paola Turci – L’ultimo ostacolo (Anissa Bonnefont)
Prendi Sarah Felberbaum e Giuseppe Fiorello, vestili di nero, metticeli in una casa bianca a guardare pensosi fuori dalla finestra, ad accarezzare i muri o, perché no, a star seduti: la perfetta immagine della coppia in crisi che rimugina sul darsi un’altra chance. Siccome di idee non ce n’è, la regista parigina Anissa Bonnefont riempe poi quasi tutto con il playback di Paola Turci.
Daniele Silvestri – Argentovivo (Giorgio Testi)
Un po’ Fantozzi un po’ Speed, il regista Giorgio Testi ambienta Argentovivo su di un autobus in bianco e nero (ricordando vagamente anche una famosa scenetta comica di Aldo, Giovanni e Giacomo), piazzando Daniele Silvestri, Rancore, il batterista Fabio Rondanini e Manuel Agnelli dentro la metafora sociale di un mondo sempre più stretto, ingiusto ed accessibile a pochi fortunati. Al netto di qualche stereotipo di troppo un’idea interessante ben realizzata. (Angelo Forzatti)