I canadesi Timber Timbre affidano il primo videoclip del nuovo album all’artista e poetessa Christine Brache. Naturale, dunque, che ne esca qualcosa di assolutamente fuori dagli schemi. Infatti, per quattro minuti e mezzo vediamo Brache cercare di impilare libri sulla sua testa (spoiler: ad una certa arriva a 4). I giochi di luce sono minimali, in un certo senso parodici se pensiamo al rapporto music video-live, mentre a ritmo di musica ci sono anche degli inserti fotografici, la cui qualità, nonché l’utilizzo del flash, stacca fortemente con il resto del video – girato in lo-fi – producendo un piacevole contrasto.
«Volevamo che il video avesse un che di casalingo, lo-fi», afferma Brache in una nota ripresa da Videostatic, «nel primo montaggio, ho cercato di lasciare che il video andasse dentro e fuori dalla canzone. La ripetizione del gesto sottolinea il sincero desiderio di essere disciplinati, un concetto che credo si affianchi bene alla canzone. Trattandosi di un music video», prosegue Brache, «non penso debba fondarsi sulla narrazione poiché la canzone non ne abbisogna. Ogni tentativo di oscurarla indebolirebbe il video. Penso che il compito dei videoclip sia di dare l’opportunità agli spettatori di vedere gesti e momenti non lineari, e di dare spazio alla canzone. Una bella canzone ha bisogno di un sacco di spazio».
Questo invece il commento di Tylor Kirk, cantante dei Timber Timbre: «ho apprezzato l’intimità nelle cose che Christine e [il suo partner] Brad Philips facevano insieme e separatamente. Avendo lavorato fuori dai parametri di videomaker più convenzionali, credo il risultato sia qualcosa di molto vero e schietto. Sembrano aver compreso l’essenza della musica molto bene. Anche se eufemistica, la disciplina rituale mostrata nel video è esagerata in un modo dolce, che mostra una specie di tenerezza e fascino verso le ossessioni di cui parla la canzone».